Volume 6

Edizione Giuntina
    di 22 palmi. Questo errore, avendo il modello fatto appunto, come fo
    d'ogni cosa, è stato fatto per non vi potere andare spesso per la vec-
    chiezza; e dove io credetti che ora fussi finita detta volta, non sarà finita
    in tutto questo verno; e se si potessi morire di vergogna e dolore, io
5   non sarei vivo. Pregovi che raguagliate il Duca ché io non sono ora a
    Fiorenza.
    E seguitando nell'altro disegno, dove egli aveva disegnato la pianta,
    diceva così:
    Messer Giorgio. Perché sia meglio inteso la dificultà della volta [che
10   io vi mandai disegnata, ve ne mando la pianta, che non la mandai al-
    lora. Cioè detta volta,] per osservare il nascimento suo fino di terra, è
    stato forza dividerla in tre volte in luogo delle finestre da basso divise
    dai pilastri, come vedete, che e' vanno piramidati in mezzo, dentro del
    colmo della volta, come fa il fondo e ' lati delle volte ancora; e biso-
15   gna governarle con un numero infinito di centine, e tanto fanno mu-
    tazione e per tanti versi di punto in punto, che non ci si può tener re-
    gola ferma: e ' tondi e ' quadri, che vengono nel mezzo de' lor fondi,
    hanno a diminuire e crescere per tanti versi e andare a tanti punti, che
    è dificil cosa a trovare il modo vero. Nondimeno, avendo il modello,
20   come fo di tutte le cose, non si doveva mai pigliare sì grande errore di
    volere con una centina sola governare tutt'a tre que' gusci, onde n'è
    nato ch'è bisognato, con vergogna e danno, disfare, e disfassene ancora
    un gran numero di pietre. La volta, e i conci e i vani, è tutta di triver-
    tino, come l'altre cose da basso, cosa non usata a Roma.
25   Fu assoluto dal duca Cosimo Michelagnolo, vedendo questi incon-
    venienti, del suo venire più a Fiorenza, dicendogli che aveva più caro
    il suo contento e che seguitasse San Piero, che cosa che potessi avere
    al mondo, e che si quietassi. Onde Michelagnolo scrisse al Vasari inella
    medesima carta che ringraziava il Duca quanto sapeva e poteva di tan-
30   ta carità, dicendo: «Dio mi dia grazia ch'io possa servirlo di questa
    povera persona», ché la memoria e 'l cervello erano iti aspettarlo al-
    trove (la data di questa lettera fu d'agosto l'anno 1557); avendo per
    questo Michelagnolo conosciuto che 'l Duca stimava e la vita e l'onor
    suo più che egli stesso, che l'adorava. Tutte queste cose, e molt'altre
35   che non fa di bisogno, aviamo appresso di noi scritte di sua mano.
    Era ridotto Michelagnolo in un termine che, vedendo che in San
    Piero si trattava poco, et avendo già tirato innanzi gran parte del fregio
    delle finestre di dentro e delle colonne doppie di fuora che girano
    sopra il cornicione tondo, dove s'ha poi a posare la cupola, come si
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