Volume 6

Edizione Giuntina
    bene di donarlo. Al vescovo di Vasona feci un Cristo morto tenuto da
    Niccodemo e da due Angeli, et a Pierantonio Bandini una Natività di
    Cristo, col lume della notte e con varia invenzione.
    Mentre io faceva quest'opere e stava pure a vedere quello che il
5   Papa disegnasse di fare, vidi finalmente che poco si poteva da lui
    sperare e che invano si faticava in servirlo. Per che, nonostante che
    io avessi già fatto i cartoni per dipignere a fresco la loggia
    che è sopra la fonte di detta vigna, mi risolvei a volere per ogni modo
    venire a servire il Duca di Fiorenza: massimamente essendo a ciò
10   fare sollecitato da messer Averardo Serristori e dal vescovo de' Rica-
    soli, ambasciatori in Roma di Sua Ecc[ellenza], e con lettere da mes-
    ser Sforza Almeni, suo coppiere e primo cameriere. Essendo dunque
    trasferitomi in Arezzo, per di lì venirmene a Fiorenza, fui forzato fare
    a monsignor Minerbetti, vescovo di quella città, come a mio signore
15   et amicissimo, in un quadro grande quanto il vivo, la Pacienza, in
    quel modo che poi se n'è servito per impresa e riverso della sua me-
    daglia il signor Ercole duca di Ferrara. La quale opera finita, venni
    a baciar la mano al signor duca Cosimo, dal quale fui per sua benigni-
    tà veduto ben volentieri; et intanto che s'andò pensando a che pri-
20   mamente io dovessi por mano, feci fare a Cristofano Gherardi dal
    Borgo, con miei disegni, la facciata di messer Sforza Almeni di chiaro
    scuro, in quel modo e con quelle invenzioni che si son dette in altro
    luogo distesamente. E perché in quel tempo mi trovavo essere de' si-
    gnori Priori della città di Arezzo, ofizio che governa la città, fui con
25   lettere del signor Duca chiamato al suo servizio et assoluto da quello
    obligo: e venuto a Fiorenza che Sua Eccell[enza] aveva cominciato
    quell'anno a murare quell'appartamento del suo palazzo che è verso
    la piazza del Grano, con ordine del Tasso intagliatore et allora ar-
    chitetto del palazzo; ma era stato posto il tetto tanto basso, che tutte
30   quelle stanze avevano poco sfogo et erano nane affatto. Ma perché
    l'alzare i cavagli et il tetto era cosa lunga, consigliai che si facesse
    uno spartimento e ricinto di travi, con sfondati grandi di braccia due
    e mezzo fra i cavagli del tetto, e con ordine di mensole per lo ritto che
    facessono fregiatura circa a duo braccia sopra le travi: la qual cosa pia-
35   cendo molto a Sua Ecc[ellenza], diede ordine sùbito che così si fa-
    cesse, e che il Tasso lavorasse i legnami et i quadri, dentro ai quali si
    aveva a dipignere la Geneologia degli Dei, per poi seguitare l'altre
    stanze.
    Mentre, dunque, che si lavoravano i legnami di detti palchi, avuto
40   licenza dal Duca, andai a starmi due mesi fra Arezzo e Cortona, parte
- pagina 398 -
pagina precedentepagina successiva