Volume 6

Edizione Giuntina
    d'una Venere col disegno di Michelagnolo a messer Bindo Altoviti,
    che mi tornavo seco in casa; e dipinsi per Galeotto da Girone, mer-
    cante fiorentino, in una tavola a olio, Cristo deposto di croce; la
    quale fu posta nella chiesa di Santo Agostino di Roma alla sua cap-
5   pella. Per la quale tavola poter fare con mio commodo, insieme al-
    cun'opere che mi aveva allogato Tiberio Crispo, castellano di Castel
    Sant'Agnolo, mi era ritirato da me in Trastevere, nel palazzo che già
    murò il vescovo Adimari, sotto Santo Onofrio, che poi è stato for-
    nito da Salviati, il secondo. Ma sentendomi indisposto e stracco da
10   infinite fatiche, fui forzato tornarmene a Fiorenza, dove feci alcuni
    quadri, e fra gl'altri uno in cui era Dante, Petrarca, Guido Caval-
    canti, il Boccaccio, Cino da Pistoia e Guittone d'Arezzo; il quale fu
    poi di Luca Martini, cavato dalle teste antiche loro accuratamente,
    del quale ne sono state fatte poi molte copie.
15   Il medesimo anno 1544, condotto a Napoli da don Giammateo
    d'Anversa, Generale de' monaci di Monte Oliveto, perch'io dipignessi
    il refettorio d'un loro monasterio fabricato dal re Alfonso Primo,
    quando giunsi fui per non accettare l'opera, essendo quel refettorio
    e quel monasterio fatto d'architettura antica e con le volte a quarti
20   acuti, e basse e cieche di lumi, dubitando di non avere ad acquistarvi
    poco onore. Pure, astretto da don Miniato Pitti e da don Ipolito da
    Milano, miei amicissimi et allora visitatori di quell'Ordine, accettai
    finalmente l'impresa; là dove conoscendo non poter fare cosa buona,
    se non con gran copia d'ornamenti, gl'occhi abagliando di chi avea a
25   vedere quell'opera con la varietà di molte figure, mi risolvei a fare
    tutte le volte di esso refettorio lavorate di stucchi per levar via, con
    ricchi partimenti di maniera moderna, tutta quella vecchiaia e gof-
    fez[z]a di sesti. Nel che mi furon di grande aiuto le volte e mura
    fatte, come si usa in quella città, di pietre di tufo, che si tagliono come
30   fa il legname, o meglio cioè come i mattoni non cotti interamente,
    perciò che io vi ebbi commodità, tagliando, di fare sfondati di quadri,
    ovati et ottangoli, ringrossando con chiodi e rimettendo de' me-
    desimi tufi. Ridotte adunque quelle volte a buona proporzione con
    quei stucchi, i quali furono i primi che a Napoli fussero lavorati mo-
35   dernamente, e particolarmente le facciate e teste di quel refettorio, vi
    feci sei tavole a olio, alte sette braccia, cioè tre per testata.
    In tre che sono sopra l'entrata del refettorio è il piovere della manna
    al popolo Ebreo, presenti Moisè et Aron che la ricogliono; nel che mi
    sforzai di mostrare nelle donne, negl'uomini e ne' putti diversità d'at-
40   titudini e vestiti, e l'affetto con che ricogliono e ripongono la manna,
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