Volume 6

Edizione Giuntina
    ogni mia richiesta, dicendomi: «Sèrviti di questi per potere
    attendere a' tuoi studii; quando poi n'arai il commodo, potrai render-
    megli o in opere o in contanti, a tuo piacimento».
    Arrivato dunque in Roma di febraio l'anno 1538, vi stei tutto giu-
5   gno, attendendo, in compagnia di Giovanbatista Cungi dal Borgo,
    mio garzone, a disegnare tutto quello che mi era rimaso indietro l'al-
    tre volte che era stato in Roma, et in particolare ciò che era sotto terra
    nelle grotte. Né lasciai cosa alcuna d'architettura o scultura che io
    non disegnassi e non misurassi; intantoché posso dire con verità che i
10   disegni ch'io feci in quello spazio di tempo furono più di trecento:
    de' quali ebbi poi piacere et utile molti anni in rivedergli e rinfrescare
    la memoria delle cose di Roma. Le quali fatiche e studio quanto mi
    giovassero, si vide, tornato che fui in Toscana, nella tavola che io feci
    al Monte San Savino, nella quale dipinsi con alquanto miglior manie-
15   ra un'Assunzione di Nostra Donna, e da basso, oltre agl'Apostoli che
    sono intorno al sepolcro, Santo Agostino e San Romualdo.
    Andato poi a Camaldoli, secondo che avea promesso a que' Padri
    romiti, feci nell'altra tavola del tramezzo la Natività di Gesù Cristo,
    fingendo una notte alluminata dallo splendore di Cristo nato, circon-
20   dato da alcuni pastori che l'adorano. Nel che fare andai imitando con
    i colori i raggi solari, e ritrassi le figure e tutte l'altre cose di quell'ope-
    ra dal naturale e col lume, acciò fussero più che si potesse simili al
    vero. Poi, perché quel lume non potea passare sopra la capanna, da
    quivi in su et all'intorno feci che suplisse un lume che viene dallo
25   splendore degl'Angeli, che in aria cantano Gloria in excelsis Deo ; sen-
    zaché in certi luoghi fanno lume i pastori che vanno attorno con co-
    voni di paglia accesi, et in parte la luna, la stella e l'Angelo che appa-
    risce a certi pastori. Quanto poi al casamento, feci alcune anticaglie a
    mio capriccio con statue rotte et altre cose somiglianti. Et insomma
30   condussi quell'opera con tutte le forze e saper mio: e se bene non ar-
    rivai con la mano e col pennello al gran disiderio e volontà di ottima-
    mente operare, quella pittura nondimeno a molti è piaciuta. Onde
    messer Fausto Sabeo, uomo letteratissimo et allora custode della li-
    breria del Papa, fece, e dopo lui alcuni altri, molti versi latini in lode
35   di quella pittura, mossi per aventura più da molta affezzione che dal-
    l'eccellenza dell'opera. Comunche sia, se cosa vi è di buono, fu dono
    di Dio. Finita quella tavola, si risolverono i Padri che io facessi a fre-
    sco nella facciata le storie che vi andavano. Onde feci sopra la porta il
    ritratto dell'Eremo, da un lato San Romualdo con un Doge di Vinezia
40   che fu sant'uomo, e dall'altro una visione che ebbe il detto Santo là
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