Volume 6

Edizione Giuntina
    loro, finita che fusse l'opera mia, me la pagassero a lor modo, e
    non piacendo me la rendessero, che la terrei per me ben volentieri. La
    qual condizione parendo loro troppo onesta et amorevole, furono
    contenti che io mettessi mano a lavorare. Dicendomi essi adunque
5   che vi volevano la Nostra Donna col Figlio in collo, San Giovanni
    Batista e San Ieronimo, i quali ambidue furono eremiti et abita-
    rono in boschi e le selve, mi partì' dall'ermo e scorsi giù alla badia
    loro di Camaldoli; dove fattone con prestezza un disegno, che piac-
    que loro, cominciai la tavola, e in due mesi l'ebbi finita del tutto
10   e messa al suo luogo, con molto piacere di que' Padri (per quanto
    mostrarono) e mio: il quale in detto spazio di due mesi provai
    quanto molto più giovi agli studii una dolce quiete et onesta soli-
    tudine che i rumori delle piazze e delle corti, conobbi, dico, l'error
    mio, d'avere posto per l'addietro le speranze mie negl'uomini e nel-
15   le baie e girandole di questo mondo. Finita dunque la detta tavola,
    mi allogorono subitamente il resto del tramezzo della chiesa, cioè
    le storie et altro che da basso et alto vi andavano di lavoro a fre-
    sco, perciò che le facessi la state vegnente, attesoché la vernata non
    sarebbe quasi possibile lavorare a fresco in quell'alpe e fra que'
20   monti.
    Pertanto, tornato in Arezzo, finì' la tavola di San Rocco, facendovi
    la Nostra Donna, sei Santi et un Dio Padre, con certe saette in mano
    figurate per la peste; le quali mentre egli è in atto di fulminare, è pre-
    gato da San Rocco et altri Santi per lo popolo. Nella facciata sono
25   molte figure a fresco, le quali, insieme con la tavola, sono come sono.
    Mandandomi poi a chiamare in Val di Caprese fra' Bartolomeo Gra-
    ziani, frate di Sant'Agostino dal Monte San Savino, mi diede a fare
    una tavola grande a olio nella chiesa di Santo Agostino del Monte
    detto, per l'altar maggiore. E così rimaso d'accordo, me ne venni a
30   Firenze a vedere messer Ottaviano, dove stando alcuni giorni, durai
    delle fatiche a far sì che non mi rimettesse al servizio delle corti, come
    aveva in animo; pure io vinsi la pugna con buone ragioni, e risolvei-
    mi d'andar per ogni modo, avanti che altro facessi, a Roma; ma ciò
    non mi venne fatto, se non poi che ebbi fatto al detto messer Otta-
35   viano una copia del quadro nel quale ritrasse già Raffaello da Urbino
    papa Leone, Giulio cardinale de' Medici et il cardinale de' Rossi,
    perciò che il Duca rivoleva il proprio, che allora era in potere di esso
    messer Ottaviano. La qual copia che io feci è oggi nelle case degl'eredi
    di quel signore, il quale nel partirmi per Roma mi fece una lettera di
40   cambio di 500 scudi a Giovanbatista Puccini, che me gli pagasse ad
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