Volume 6

Edizione Giuntina
    là dove quelli di alcuni che più avevano pensato a me che a
    loro stessi, furono messi su imperfetti. Finita la festa, oltre a' quattro-
    cento scudi che mi furono pagati per l'opere, me ne donò il Duca tre-
    cento, che si levarono a coloro che non avevano condotto a fine le loro
5   opere al tempo determinato, secondo che si era convenuto d'accordo.
    Con i quali avanzi e donativo maritai una delle mie sorelle; e poco do-
    po ne feci un'altra monaca nelle Murate d'Arez[z]o, dando al mona-
    sterio, oltre alla dote, overo limosina, una tavola d'una Nunziata di
    mia mano, con un tabernacolo del Sacramento in essa tavola acco-
10   modato; la quale fu posta dentro nel loro coro, dove stanno a ufi-
    ziare.
    Avendomi poi dato a fare la Compagnia del Corpus Domini d'Arez-
    zo la tavola dell'altar maggiore di San Domenico, vi feci dentro un
    Cristo deposto di croce; e poco appresso per la Compagnia di San
15   Rocco cominciai la tavola della loro chiesa in Firenze. Ora, mentre
    andava procacciandomi sotto la protezione del duca Alessandro
    onore, nome e facultà, fu il povero signore crudelmente ucciso, et a
    me levato ogni speranza di quello che io mi andava, mediante il suo
    favore, promettendo dalla fortuna. Per che, mancati in pochi anni
20   Clemente, Ipolito et Alessandro, mi risolvei, consigliato da messer
    Ottaviano, a non volere più seguitare la fortuna delle corti, ma l'arte
    sola, se bene facile sarebbe stato accomodarmi col signor Cosimo de'
    Medici, nuovo Duca. E così tirando innanzi in Arez[z]o la detta tavola
    e facciata di San Rocco con l'ornamento, mi andava mettendo a ordi-
25   ne per andare a Roma, quando per mezzo di messer Giovanni Pol-
    lastra, come Dio volle (al quale sempre mi sono raccomandato e dal
    quale riconosco et ho riconosciuto sempre ogni mio bene), fu' chia-
    mato a Camaldoli, capo della Congregazione Camaldolense, dai Pa-
    dri di quell'eremo a vedere quello che disegnavano di voler
30   fare nella loro chiesa. Dove giunto, mi piacque sommamente l'alpe-
    stre et eterna solitudine e quiete di quel luogo santo; e se bene mi ac-
    corsi di prima giunta che que' Padri d'aspetto venerando, veggendo-
    mi così giovane, stavano sopra di loro, mi feci animo e parlai loro di
    maniera che si risolverono a volere servirsi dell'opera mia nelle molte
35   pitture che andavano nella loro chiesa di Camaldoli a olio et in fre-
    sco. Ma dove volevano che io innanzi a ogni altra cosa facessi la tavola
    dell'altar maggiore, mostrai loro con buone ragioni che era meglio far
    prima una delle minori che andavano nel tramez[z]o, e che, finita
    quella, se fusse loro piaciuta, arei potuto seguitare. Oltre ciò non
40   volli fare con essi alcun patto fermo di danari, ma dissi che dove piacesse
- pagina 375 -
pagina precedentepagina successiva