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tre braccia un Cristo morto, portato da Niccodemo, Gioseffo et altri |
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alla sepoltura, e dietro le Marie piangendo. Il quale quadro, finito che |
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fu, l'ebbe il duca Alessandro, con buono e felice principio de' miei |
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lavori; perciò che non solo ne tenne egli conto mentre visse, ma è poi |
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stato sempre in camera del duca Cosimo, et ora è in quella dell'illu- |
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strissimo Principe suo figliuolo; et ancora che alcuna volta io abbia |
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voluto rimettervi mano per migliorarlo in qualche parte, non |
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sono stato lasciato. Veduta dunque questa mia prima opera il duca |
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Alessandro, ordinò che io finissi la camera terrena del palaz[z]o de' |
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Medici, stata lasciata imperfetta, come s'è detto, da Giovanni da |
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Udine. Onde io vi dipinsi quattro storie de' fatti di Cesare: quando, |
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notando, ha in una mano i suoi Comentarii e in bocca la spada; quan- |
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do fa abruciare i scritti di Pompeo, per non vedere l'opere de' suoi |
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nemici; quando dalla fortuna in mare travagliato, si dà a conoscere a |
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un nocchieri; e finalmente il suo trionfo: ma questo non fu finito |
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del tutto. Nel qual tempo, ancorché io non avessi se non poco più di |
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diciotto anni, mi dava il Duca sei scudi il mese di provisione, il piatto |
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a me, et un servitore e le stanze da abitare, con altre molte commodità. |
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Et ancorché io conoscessi non meritar tanto a gran pezzo, io facea |
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nondimeno tutto che sapeva con amore e con diligenza; né mi pareva |
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fatica dimandare a' miei maggiori quello che io non sapeva: onde più |
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volte fui d'opera e di consiglio aiutato dal Tribolo, dal Bandinello e |
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da altri. |
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Feci adunque, in un quadro alto tre braccia, esso duca Alessandro, |
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armato e ritratto di naturale, con nuova invenzione, e un sedere |
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fatto di prigioni legati insieme e con altre fantasie. E mi ricorda che |
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oltre al ritratto, il quale somigliava, per far il brunito di quell'arme |
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bianco, lucido e proprio, che io vi ebbi poco meno che a perdere il |
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cervello, cotanto mi affaticai in ritrarre dal vero ogni minuzia. Ma di- |
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sperato di potere in questa opera accostarmi al vero, menai Iacopo da |
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Puntormo, il quale io per la sua molta virtù osservava, a vedere l'ope- |
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ra e consigliarmi; il quale, veduto il quadro e conosciuta la mia pas- |
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sione, mi disse amorevolmente: «Figliuol mio, insino a che queste ar- |
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me vere e lustranti stanno a canto a questo quadro, le tue ti parranno |
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sempre dipinte, perciò che, se bene la biacca è il più fiero colore che |
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adoperi l'arte, e' nondimeno più fiero e lustrante è il ferro. Togli via |
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le vere, e vedrai poi che non sono le tue finte armi così cattiva cosa |
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come le tieni». Questo quadro, fornito che fu, diedi al Duca, e il |
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Duca lo donò a messer Ottaviano de' Medici, nelle cui case è stato |
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insino a oggi, in compagnia del ritratto di Caterina, allora giovane, sorella |