Volume 6

Edizione Giuntina
    innanzi -, venuto in Fiorenza tentò di averlo. Era questo marmo
    di braccia nove, nel quale per mala sorte un maestro Simone da
    Fiesole aveva cominciato un Gigante, e sì mal concia era quella ope-
    ra - che lo aveva bucato fra le gambe e tutto mal condotto e stor-
5   piato -, di modo che gli Operai di Santa Maria del Fiore, che sopra
    tal cosa erano, senza curar di finirlo, l'avevano posto in abandono:
    e già molti anni era così stato et era tuttavia per istare. Squadrollo
    Michelagnolo di nuovo, et esaminando potersi una ragionevole figura
    di quel sasso cavare, et accomodandosi con l'attitudine al sasso ch'era
10   rimasto storpiato da maestro Simone, si risolse di chiederlo agli Ope-
    rai et al Soderini, dai quali per cosa inutile gli fu conceduto, pen-
    sando che ogni cosa che se ne facesse fusse migliore che lo essere
    nel quale allora si ritrovava, perché né spez[z]ato, né in quel modo
    concio, utile alcuno alla Fabrica non faceva. Laonde Michelagnolo,
15   fatto un modello di cera, finse in quello, per la insegna del Palazzo,
    un Davit giovane con una frombola in mano, acciò che, sì come egli
    aveva difeso il suo popolo e governatolo con giustizia, così chi gover-
    nava quella città dovesse animosamente difenderla e giustamente go-
    vernarla. E lo cominciò nell'Opera di Santa Maria del Fiore, nella
20   quale fece una turata fra muro e tavole, et il marmo circondato; e
    quello di continuo lavorando, senza che nessuno il vedesse, a ulti-
    ma perfezzione lo condusse. Era il marmo già da maestro Simone
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Edizione Torrentiniana
    e storpiato -, di modo che gli Operai di Santa Maria del Fiore, che sopra
    tal cosa erano, senza curar di finirlo, per morto l'avevano posto in ab-
25   bandono: e già molti anni era così stato et era tuttavia per istare. Squa-
    drollo Michele Agnolo un giorno, et esaminando potersi una ragio-
    nevole figura di quel sasso cavare accomodandosi al sasso ch'era rimaso
    storpiato da maestro Simone, si risolse di chiederlo agli Operai, dai quali
    per cosa inutile gli fu conceduto, pensando che ogni cosa che se ne facesse
30   fosse migliore che lo essere nel quale allora si ritrovava, perché né spez-
    zato, né in quel modo concio, utile alcuno alla Fabbrica non faceva. La-
    onde Michele Agnolo, fatto un modello di cera, finse in quello, per la in-
    segna del Palazzo, un Davit giovane con una frombola in mano, a ciò
    che, sì come egli aveva difeso il suo popolo e governatolo con giustizia,
35   così chi governava quella città dovesse animosamente difenderla e giu-
    stamente governarla. E lo cominciò nell'Opera di Santa Maria del Fiore,
    nella quale fece una turata fra muro e tavole, et il marmo circondato; e
    quello di continuo lavorando, senza che nessuno il vedesse, a ultima perfezzione
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