Volume 5

Edizione Giuntina
    pittore bolognese, e l'altra un Lorenzo Costa mantovano. Il medesi-
    mo Federigo Zucchero dipinse in questo luogo la loggetta che guar-
    da sopra il vivaio, e dopo fece un fregio in Belvedere nella sala prin-
    cipale, a cui si saglie per la lumaca, con istorie di Moisè e Faraone,
5   belle afatto. Della qual opera ne diede, non ha molto, esso Federigo
    il disegno, fatto e colorito di sua mano in una bellissima carta, al reve-
    rendo don Vincenzio Borghini, che lo tiene carissimo e come dise-
    gno di mano d'eccellente pittore. E nel medesimo luogo dipinse il
    medesimo l'Angelo che amazza in Egitto i primigeniti, facendosi, per
10   fare più presto, aiutare a molti suoi giovani. Ma nello stimarsi da
    alcuni le dette opere, non furono le fatiche di Federigo e degl'altri
    riconosciute come dovevano, per essere in alcuni artefici nostri, in
    Roma, a Fiorenza e per tutto, molti maligni, che accecati dalle pas-
    sioni e dall'invidie, non conoscono o non vogliono conoscere l'altrui
15   opere lodevoli et il di[f]etto delle proprie; e questi tali sono molte volte
    cagione ch'i begl'ingegni de' giovani, sbigottiti, si rafreddano negli
    studii e nell'operare. Nell'offizio della Ruota dipinse Federigo, dopo
    le dette opere, intorno a un'arme di papa Pio Quarto, due figure mag-
    gior' del vivo, cioè la Giustizia e l'Equità, che furono molto lodate,
20   dando in quel mentre tempo a Taddeo di attendere all'opera di Ca-
    prarola et alla capella di San Marcello.
    Intanto Sua Santità, volendo finire ad ogni modo la sala de' Re,
    dopo molte contenzioni state fra Daniello et il Salviati, come s'è det-
    to, ordinò al vescovo di Furlì quanto intorno a ciò voleva ch'e'
25   facesse. Onde egli scrisse al Vasari, a dì tre di settembre l'anno 1561,
    che volendo il Papa finire l'opera della sala de' Re, gl'aveva commesso
    che si trovassero uomini i quali ne cavassero una volta le mani, e che
    perciò, mosso dall'antica amicizia e d'altre cagioni, lo pregava a voler
    andare a Roma per fare quell'opera, con bona grazia e licenzia del
30   Duca suo signore, perciò che con suo molto onore et utile ne farebbe
    piacere a Sua Beatitudine, e che aùcciò quanto prima rispondesse. Alla
    quale lettera rispondendo il Vasari, disse che trovandosi stare molto
    bene al servizio del Duca et essere delle sue fatiche rimunerato altri-
    menti che non era stato fatto a Roma da altri Pontefici, voleva conti-
35   nuare nel servigio di Sua Eccellenza, per cui aveva da mettere allora
    mano a molto maggior sala che quella de' Re non era, e che a Roma
    non mancavono uomini di chi servirsi in quell'opera. Avuta il detto
    vescovo dal Vasari questa risposta, e con Sua Santità conferito il
    tutto, dal cardinale Emulio, che novamente aveva avuto cura dal
40   Pontefice di far finire quella sala, fu compartita l'opera, come s'è detto,
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