Volume 5

Edizione Giuntina
    Questi modi dispiacendo ai più, e medesimamente a certi artefici,
    gl'acquistarono tanto odio, che il Tasso e molti altri, che d'amici gli
    erano divenuti contrarii, gli cominciarono a dar che fare e che pen-
    sare; perciò che, se bene lodavano l'eccellenza che era in lui dell'arte
5   e la facilità e prestezza con le quali conduceva l'opere interamente e
    benissimo, non mancava loro dall'altro lato che biasimare; e perché,
    se gli avesseno lasciato pigliar piede et accommodare le cose sue, non
    avrebbono poi potuto offenderlo e nuocergli, cominciarono a buon'o-
    ra a dargli che fare e molestarlo. Per che ristrettisi insieme molti
10   dell'arte et altri, e fatta una setta, cominciarono a seminare fra i mag-
    giori che l'opera del salotto non riusciva, e che, lavorando per pratica,
    non istudiava cosa che facesse. Nel che il laceravano veramente a
    torto, perciò che, se bene non istentava a condurre le sue opere, come
    facevano essi, non è però che egli non istudiasse e che le sue cose non
15   avessero invenzione e grazia infinita, né che non fussero ottimamente
    messe in opera. Ma non potendo i detti aversarii superare con l'opere
    la virtù di lui, volevano con sì fatte parole e biasimi sotterrarla. Ma ha
    finalmente troppa forza la virtù et il vero.
    Da principio si fece Francesco beffe di cotali rumori; ma veggen-
20   doli poi crescere oltre il convenevole, se ne dolse più volte col Duca;
    ma non veggendosi che quel signore gli facesse in apparenza quegli
    favori ch'egli arebbe voluto, e parendo che non curasse quelle sue
    doglienze, cominciò Francesco a cascare di maniera, che presogli i
    suoi contrarii animo addosso, missono fuori una voce che le sue sto-
25   rie della sala s'avevano a gettare per terra, e che non piacevano né
    avevano in sé parte niuna di bontà. Le quali tutte cose, che gli pon-
    tavano contra con invidia e maledicenza incredibile de' suoi avversarii,
    avevano ridotto Francesco a tale, che se non fusse stata la bontà di
    messer Lelio Torelli, di messer Pasquino Bertini e d'altri amici suoi,
30   egli si sarebbe levato dinanzi a costoro: il che era apunto quello che
    eglino desideravano. Ma questi sopradetti amici suoi, confortandolo
    tuttavia a finire l'opera della sala e altre che aveva fra mano, il ratten-
    nono, sì come feciono anco molti altri amici suoi fuori di Firenze, ai
    quali scrisse queste sue persecuzioni. E fra gli altri Giorgio Vasari, in
35   rispondendo a una lettera che sopra ciò gli scrisse il Salviati, lo con-
    fortò sempre ad aver pazienza, perché la virtù perseguitata raffinisce
    come al fuoco l'oro, aggiungendo che era per venir tempo che sarebbe
    conosciuta la sua virtù et ingegno, che non si dolesse se non di sé, che
    anco non conosceva gli umori e come son fatti gli uomini et artefici
40   della sua patria. Nonostante, dunque, tante contrarietà e persecuzioni
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