Volume 5

Edizione Giuntina
    al suo palazzo, e fargli nuove aggiunte di fabriche e giardini bel-
    lissimi, che furono fatti con ordine del frate; il quale avendo in ultimo
    fatto, dalla parte dinanzi di detto palazzo, un vivaio, fece di marmo
    un mostro marino di tondo rilievo, che versa in gran copia acqua
5   nella detta peschiera: simile al quale mostro ne fece un altro a que'
    signori, che fu mandato in Ispagna al Granvela. Fece un gran Net-
    tunno di stucco, che sopra un piedistallo fu posto nel giardino del
    principe. Fece di marmo due ritratti del medesimo principe e due di
    Carlo Quinto, che furono portati da Coves in Ispagna. Furono molto
10   amici del frate, mentre stette in Genova, messer Cipriano Palavigino
    - il quale, per essere di molto giudizio nelle cose delle nostre arti, ha
    praticato sempre volentieri con gl'artefici più eccellenti, e quelli in
    ogni cosa favoriti -, il signore abbate Negro, messer Giovanni da
    Monte Pulvano, et il signor priore di San Matteo, et insomma tutti
15   i primi gentiluomini e signori di quella città, nella quale acquistò il
    frate fama e ricchezza.
    Finite dunque le sopradette opere, si partì fra' Giovann'Agnolo di
    Genova, e se n'andò a Roma per rivedere il Buonarroto, che già molti
    anni non aveva veduto, e vedere se per qualche mezzo avesse potuto
20   rapiccare il filo col duca di Fiorenza e tornare a fornire l'Ercole che
    aveva lasciato imperfetto. Ma arrivato a Roma, dove si comperò un
    cavalierato di San Piero, inteso per lettere avute da Fiorenza che il
    Bandinello, mostrando aver bisogno di marmo e facendo a credere
    che il detto Ercole era un marmo storpiato, l'aveva spezzato con licen-
25   zia del maiorduomo Riccio, e servitosene a far cornici per la sepoltura
    del signor Giovanni, la quale egli allora lavorava, se ne prese tanto
    sdegno, che per allora non volle altrimenti tornare a rivedere Fioren-
    za, parendogli che troppo fusse sopportata la prosonzione, arroganza
    et insolenza di quell'uomo.
30   Mentre che il frate si andava trattenendo in Roma, avendo i Mes-
    sinesi deliberato di fare sopra la piazza del lor Duomo una fonte con
    un ornamento grandissimo di statue, avevano mandati uomini a Ro-
    ma a cercare d'avere uno eccellente scultore; i quali uomini, se bene
    avevano fermo Raffaello da Montelupo, perché s'infermò
35   quando apunto volea partire con esso loro per Messina, fecero altra
    resoluzione e condussero il frate, che con ogni instanza e qualche
    mezzo cercò d'avere quel lavoro. Avendo dunque posto in Roma al
    legnaiuolo Angelo suo nipote, che gli riuscì di più grosso ingegno che
    non aveva pensato, con Martino si partì il frate e giunsono in Messina
40   del mese di settembre 1547; dove accomodati di stanze, e messo mano
- pagina 501 -
pagina precedentepagina successiva