Volume 5

Edizione Giuntina
    via, non solo di farsi pratico ne' colori a fresco, ma di governarsi con
    miglior ordine e giudizio in tutte le cose che egli non fece. Ma egli
    usò in quest'opera il medesimo modo di fare che nell'altre sue, perciò
    che fece sempre le medesime figure, le medesime effigie, i medesimi
5   panni e le medesime membra, oltre che il colorito fu senza vaghezza
    alcuna et ogni cosa fatta con difficultà e stentata. Laonde finita del
    tutto, rimasero poco sodisfatti il duca Guidobaldo, il Genga e tutti
    gl'altri che da costui aspettavano gran cose e simili al bel disegno che
    egli mostrò loro da principio. E nel vero, per fare un bel disegno Bat-
10   tista non avea pari e si potea dir valente uomo. La qual cosa cono-
    scendo quel Duca, e pensando che i suoi disegni, messi in opera da
    coloro che lavoravano eccellentemente vasi di terra a Castel Durante,
    i quali si erano molto serviti delle stampe di Raffaello da Urbino e di
    quelle d'altri valentuomini, riuscirebbono benissimo, fece
15   fare a Battista infiniti disegni, che, messi in opera in quella sorte di
    terra gentilissima sopra tutte l'altre d'Italia, riuscirono cosa rara.
    Onde ne furono fatti tanti e di tante sorte vasi, quanti sarebbono
    bastati e stati orrevoli in una credenza reale: e le pitture che in essi
    furono fatte non sarebbono state migliori quando fussero state fatte
20   a olio da eccellentissimi maestri. Di questi vasi adunque, che molto
    rassomigliano, quanto alla qualità della terra, quell'antica che in
    Arezzo si lavorava anticamente al tempo di Porsena re di Toscana,
    mandò il detto duca Guidobaldo una credenza doppia a Carlo Quinto
    imperadore, et una al cardinal Farnese, fratello della signora Vetto-
25   ria sua consorte. E devemo sapere che di questa sorte pitture in vasi
    non ebbono, per quanto si può giudicare, i Romani; perciò che i vasi
    che si sono trovati di que' tempi pieni delle ceneri de' loro morti, o
    in altro modo, sono pieni di figure graffiate a campite d'un colore solo
    in qualche parte, o nero o rosso, o bianco, e non mai con lustro d'in-
30   vetriato, né con quella vaghezza e varietà di pitture che si sono vedute
    e veggiono a' tempi nostri. Né si può dire che, se forse l'avevano, sono
    state consumate le pitture dal tempo e dallo stare sotterrate, però che
    veggiamo queste nostre diffendersi da tutte le malignità del tempo e
    da ogni cosa; onde starebbono, per modo di dire, quattro mil'anni
35   sotto terra, che non si guasterebbono le pitture. Ma ancora che di sì
    fatti vasi e pitture si lavori per tutta Italia, le migliori terre e più
    belle nondimeno sono quelle che si fanno, come ho detto, a Castel
    Durante, terra dello stato d'Urbino, e quelle di Faenza, che per lo
    più le migliori sono bianchissime e con poche pitture, e quelle nel
40   mezzo o intorno, ma vaghe e gentili affatto.
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