Volume 5

Edizione Giuntina
    col signor don Francesco principe di Firenze, chiese a Sua Ec[cel-
    lenza] di poter fare un Gigante, che servisse per modello, della mede-
    sima grandezza del marmo: et il principe ciò gli concesse. Non pen-
    sava già maestro Giovan Bologna d'avere a fare il Gigante di marmo,
5   ma voleva almeno mostrare la sua virtù e farsi tenere quello che egli
    era. Avuta la licenza dal Principe, cominciò ancora egli il suo mo-
    dello nel convento di Santa Croce. Non volle mancare di concorrere
    con questi tre Vincenzio Danti perugino, scultore, giovane di minore
    età di tutti, non per ottenere il marmo, ma per mostrare l'animosità e
10   l'ingegno suo. Così messosi a lavorare di suo nelle case di messer
    Alessandro di messer Ottaviano de' Medici, condusse un modello
    con molte buone parti, grande come gli altri. Finiti i modelli, andò
    il Duca a vedere quello dell'Ammannato e quello di Benvenuto, e
    piaciutogli più quello dell'Ammannato che quello di Benvenuto, si
15   risolvé che l'Ammannato avesse il marmo e facesse il Gigante, per-
    ché era più giovane di Benvenuto e più pratico ne' marmi di lui. Ag-
    giunse all'inclinazione del Duca Giorgio Vasari, il quale con Sua Ec-
    c[ellenza] fece molti buoni ufizî per l'Ammannato, vedendolo, oltre
    al saper suo, pronto a durare ogni fatica, e sperando che per le sue
20   mani si vedrebbe un'opera eccellente finita in breve tempo. Non volle
    il Duca allora vedere il modello di maestro Giovan Bologna, perché
    non avendo veduto di suo lavoro alcuno di marmo, non gli pareva
    che si gli potesse per la prima fidare così grande impresa,
    ancora che da molti artefici e da altri uomini di giudicio intendesse
25   che 'l modello di costui era in molte parti migliore che gli altri. Ma
    se Baccio fusse stato vivo, non sarebbono state tra que' maestri
    tante contese, perché a lui senza dubbio sarebbe tocco a fare il modello
    di terra et il Gigante di marmo. Questa opera addunque tolse a lui la
    morte: ma la medesima gli dette non piccola gloria, perché fece ve-
30   dere in que' quattro modelli, de' quali fu cagione il non essere vivo
    Baccio ch'e' si facessino, quanto era migliore il disegno e 'l giudicio
    e la virtù di colui che pose Ercole e Cacco quasi vivi nel marmo in
    piazza; la bontà della quale opera molto più hanno scoperta et illu-
    strata l'opere, le quali dopo la morte di Baccio hanno fatte questi altri,
35   i quali, benché si sieno portati laldabilmente, non però hanno po-
    tuto aggiugnere al buono et al bello che pose egli nell'opera sua.
    Il duca Cosimo poi nelle nozze della reina Giovanna d'Austria sua
    nuora, dopo la morte di Baccio sette anni, ha fatto nella sala grande
    finire l'Udienza, della quale abbiamo ragionato di sopra, cominciata
40   da Baccio; e di tal finimento ha voluto che sia capo Giorgio Vasari,
- pagina 274 -
pagina precedentepagina successiva