Volume 5

Edizione Giuntina
    bene e che e' mi piacciono per farvi piacere». «Non vo' ch' e' ti
    piacciano, - disse Baccio - e di' pur male ancora tu, che come tu
    puoi ricordarti, io non dico mai bene di nessuno. La cosa va del pari».
    Dissimulava Baccio il suo dolore, e così sempre ebbe per costume di
5   fare, mostrando di non curare del biasimo che l'uomo alle sue cose
    desse. Nondimeno egli è verisimile che grande fusse il suo dispia-
    cere, perché coloro che s'affaticano per l'onore e dipoi ne riportano
    biasimo, è da credere, ancorché indegno sia il biasimo et a torto,
    che ciò nel cuor segretamente gli affligga e di continovo gli tormenti.
10   Fu racconsolato il suo dispiacere da una possessione, la quale, oltre
    al pagamento, gli fu data per ordine di papa Clemente.
    Questo dono doppiamente gli fu caro, e per l'utile et entrata: e
    perché era allato alla sua villa di Pinzerimonte, e perché era prima di
    Rignadori, allora fatto ribello, e suo mortale nimico, col quale aveva
15   sempre conteso per conto de' confini di questo podere.
    In questo tempo fu scritto al duca Alessandro dal principe Doria
    che operasse con Baccio che la sua statua si finisse, ora che il gigante
    era del tutto finito, e che era per vendicarsi con Baccio se egli non
    faceva il suo dovere; di che egli impaurito non si fidava d'andare a
20   Carrara. Ma pur dal cardinal Cibo e dal duca Alessandro assicurato
    v'andò, e lavorando con alcuni aiuti tirava innanzi la statua. Teneva
    conto giornalmente il principe di quanto Baccio faceva; onde essen-
    dogli riferito che la statua non era di quella eccellenza che gli era stato
    promesso, fece intendere il principe a Baccio che, se egli non lo ser-
25   viva bene, che si vendicherebbe seco. Baccio, sentendo questo, disse
    molto male del principe; il che tornatogli all'orecchie, era risoluto
    d'averlo nelle mani per ogni modo e di vendicarsi col fargli gran pau-
    ra della galea. Per la qual cosa vedendo Baccio alcuni spiamenti di
    certi che l'osservavano, entrato di ciò in sospetto, come persona ac-
30   corta e risoluta, lasciò il lavoro così come era e tornossene a Firenze.
    Nacque circa questo tempo a Baccio d'una donna, la quale egli
    tenne in casa, un figliuolo, al quale, essendo morto in que' medesimi
    giorni papa Clemente, pose nome Clemente per memoria di quel
    Pontefice che sempre l'aveva amato e favorito. Dopo la morte del
35   quale intese che Ippolito cardinale de' Medici, et Innocenzio car-
    dinale Cibo, e Giovanni cardinale Salviati, e Niccolò cardinale Ri-
    dolfi, insieme con messer Baldassarre Turini da Pescia, erano esse-
    cutori del testamento di papa Clemente, e dovevano allogare le due
    sepolture di marmo di Leone e di Clemente da porsi nella Minerva,
40   delle quali egli aveva già per addietro fatto i modelli. Queste sepolture
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