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da Dante, la quale usorono i Pisani e l'arcivescovo Ruggieri contro al |
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conte Ugolino della Gherardesca, facendo lui morire di fame con |
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quattro suoi figliuoli nella torre per ciò cognominata della Fame, |
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porse occasione e pensiero al Vinci di nuova opera e di nuovo dise- |
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gno. Però, mentre che ancora lavorava il sopradetto Fiume, messe |
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mano a fare una storia di cera per gettarla di bronzo, alta più d'un |
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braccio e larga tre quarti, nella quale fece due de' figliuoli del conte |
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morti, uno in atto di spirare l'anima, uno che vinto dalla fa- |
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me è presso all'estremo, non pervenuto ancora all'ultimo fiato; il |
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padre in atto pietoso e miserabile, cieco e di dolore pieno va branco- |
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lando sopra i miseri corpi de' figliuoli distesi in terra. Non meno in |
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questa opera mostrò il Vinci la virtù del disegno che Dante ne' suoi |
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versi mostrasse il valore della poesia, perché non men compassione |
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muovono in chi riguarda gli atti formati nella cera dallo scultore, |
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che faccino in chi ascolta gli accenti e le parole notate in carta vive |
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da quel poeta. E per mostrare il luogo dove il caso seguì, fece da piè |
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il fiume d'Arno che tiene tutta la larghezza della storia, perché poco |
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discosto dal fiume è in Pisa la sopradetta torre; sopra la quale fi- |
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gurò ancora una vecchia ignuda, secca e paurosa, intesa per la Fame, |
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quasi nel modo che la descrive Ovidio. Finita la cera, gettò la storia di |
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bronzo, la quale sommamente piacque, et in corte e da tutti fu tenuta |
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cosa singulare. |
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Era il duca Cosimo allora intento a benificare et abbellire la città |
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di Pisa, e già di nuovo aveva fatto fare la piazza del Mercato con |
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gran numero di botteghe intorno, e nel mezzo messe una colonna |
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alta dieci braccia, sopra la quale per disegno di Luca doveva stare |
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una statua in persona della Dovizia. Addunque il Martini, parlato |
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col Duca e messogli innanzi il Vinci, ottenne che 'l Duca volentieri |
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gli concesse la statua, desiderando sempre Sua Eccellenza d'aiutare |
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i virtuosi e di tirare innanzi i buoni ingegni. Condusse il Vinci di |
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trevertino la statua tre braccia e mezzo alta, la quale molto fu da |
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ciascheduno lodata, perché avendole posto un fanciulletto a' piedi che |
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l'aiuta tenere il corno dell'abbondanza, mostra in quel sasso, ancora |
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che ruvido e malagevole, nondimeno morbidezza e molta facilità. |
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Mandò dipoi Luca a Carrara a far cavare un marmo cinque braccia |
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alto e largo tre, nel quale il Vinci, avendo già veduto alcuni schizzi |
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di Michelagnolo d'un Sansone che ammazzava un Filisteo con la |
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mascella d'asino, disegnò da questo suggetto fare a sua fantasia due |
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statue di cinque braccia. Onde, mentre che 'l marmo veniva, mes- |
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sosi a fare più modelli variati l'uno dall'altro, si fermò a uno, e dipoi |