Volume 5

Edizione Giuntina
    da Dante, la quale usorono i Pisani e l'arcivescovo Ruggieri contro al
    conte Ugolino della Gherardesca, facendo lui morire di fame con
    quattro suoi figliuoli nella torre per ciò cognominata della Fame,
    porse occasione e pensiero al Vinci di nuova opera e di nuovo dise-
5   gno. Però, mentre che ancora lavorava il sopradetto Fiume, messe
    mano a fare una storia di cera per gettarla di bronzo, alta più d'un
    braccio e larga tre quarti, nella quale fece due de' figliuoli del conte
    morti, uno in atto di spirare l'anima, uno che vinto dalla fa-
    me è presso all'estremo, non pervenuto ancora all'ultimo fiato; il
10   padre in atto pietoso e miserabile, cieco e di dolore pieno va branco-
    lando sopra i miseri corpi de' figliuoli distesi in terra. Non meno in
    questa opera mostrò il Vinci la virtù del disegno che Dante ne' suoi
    versi mostrasse il valore della poesia, perché non men compassione
    muovono in chi riguarda gli atti formati nella cera dallo scultore,
15   che faccino in chi ascolta gli accenti e le parole notate in carta vive
    da quel poeta. E per mostrare il luogo dove il caso seguì, fece da piè
    il fiume d'Arno che tiene tutta la larghezza della storia, perché poco
    discosto dal fiume è in Pisa la sopradetta torre; sopra la quale fi-
    gurò ancora una vecchia ignuda, secca e paurosa, intesa per la Fame,
20   quasi nel modo che la descrive Ovidio. Finita la cera, gettò la storia di
    bronzo, la quale sommamente piacque, et in corte e da tutti fu tenuta
    cosa singulare.
    Era il duca Cosimo allora intento a benificare et abbellire la città
    di Pisa, e già di nuovo aveva fatto fare la piazza del Mercato con
25   gran numero di botteghe intorno, e nel mezzo messe una colonna
    alta dieci braccia, sopra la quale per disegno di Luca doveva stare
    una statua in persona della Dovizia. Addunque il Martini, parlato
    col Duca e messogli innanzi il Vinci, ottenne che 'l Duca volentieri
    gli concesse la statua, desiderando sempre Sua Eccellenza d'aiutare
30   i virtuosi e di tirare innanzi i buoni ingegni. Condusse il Vinci di
    trevertino la statua tre braccia e mezzo alta, la quale molto fu da
    ciascheduno lodata, perché avendole posto un fanciulletto a' piedi che
    l'aiuta tenere il corno dell'abbondanza, mostra in quel sasso, ancora
    che ruvido e malagevole, nondimeno morbidezza e molta facilità.
35   Mandò dipoi Luca a Carrara a far cavare un marmo cinque braccia
    alto e largo tre, nel quale il Vinci, avendo già veduto alcuni schizzi
    di Michelagnolo d'un Sansone che ammazzava un Filisteo con la
    mascella d'asino, disegnò da questo suggetto fare a sua fantasia due
    statue di cinque braccia. Onde, mentre che 'l marmo veniva, mes-
40   sosi a fare più modelli variati l'uno dall'altro, si fermò a uno, e dipoi
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