Volume 5

Edizione Giuntina
    qual cavallo era retto da un'armadura di ferro, e sopra esso era la
    statua di esso imperador[e] armato all'antica con lo stocco in mano;
    e sotto aveva tre figure grandi, come vinte da lui, le quali anche so-
    stenevano parte del peso, essendo il cavallo in atto di saltare e con le
5   gambe dinanzi alte in aria; e le dette tre figure rapresentavano tre
    provincie state da esso imperador domate e vinte. Nella quale opera
    mostrò Domenico non intendersi meno della scultura che si facesse
    della pittura; a che si aggiugne che tutta quest'opera aveva messa
    sopra un castel di legname alto quattro braccia, con un ordine di
10   ruote sotto, le quali, mosse da uomini dentro, erano fatte caminare:
    et il disegno di Domenico era che questo cavallo, nell'entrata di
    Sua Maestà, essendo fatto andare come s'è detto, l'accompagnasse
    dalla porta infino al palazzo de' Signori e poi si fermasse in sul mezzo
    della piazza. Questo cavallo essendo stato condotto da Domenico a
15   fine, che non gli mancava se non esser messo d'oro, si restò a quel
    modo, perché Sua Maestà per allora non andò altrimenti a Siena,
    ma coronatasi in Bologna si partì d'Italia, e l'opera rimase imperfetta.
    Ma nondimeno fu conosciuta la virtù et ingegno di Domenico, e
    molto lodata da ognuno l'eccellenza e grandezza di quella machina,
20   la quale stette nell'Opera del Duomo da questo tempo insino a che,
    tornando Sua Maestà dall'impresa d'Africa vittoriosa, passò a Mes-
    sina, e dipoi a Napoli, Roma e finalmente a Siena, nel qual tempo fu
    la detta opera di Domenico messa in sulla piazza del Duomo con
    molta sua lode.
25   Spargendosi dunque la fama della virtù di Domenico, il prencipe
    Doria, che era con la corte, veduto che ebbe tutte l'opere che in
    Siena erano di sua mano, lo ricercò che andasse a lavorare a Genova
    nel suo palazzo, dove avevano lavorato Perino del Vaga, Giovan
    Antonio da Pordenone e Girolamo da Trevisi; ma non poté Dome-
30   nico prometter a quel signore d'andare a servirlo allora, ma sì bene
    altra volta, per avere in quel tempo messo mano a finir nel Duomo
    una parte del pavimento di marmo, che già Duccio pittor sanese
    aveva con nuova maniera di lavoro cominciato; e perché già erano le
    figure e storie in gran parte disegnate in sul marmo, et incavati i
35   dintorni con lo scarpello e ripieni di mistura nera con ornamenti di
    marmi colorati attorno, e parimente i campi delle figure, vidde con
    bel giudizio Domenico che si potea molto quell'opera migliorare. Per
    che, presi marmi bigi, acciò facessino nel mezzo dell'ombre accostate
    al chiaro del marmo bianco e profilate con lo scarpello, trovò che in
40   questo modo col marmo bianco e bigio si potevano fare cose di pietra
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