Volume 5

Edizione Giuntina
    vedere in casa gli eredi del detto messer Ottaviano. Ritrasse il me-
    desimo papa Paolo Farnese, sùbito che fu fatto sommo Pontefice;
    e cominciò il duca di Castro suo figliuolo, ma non lo finì, come non
    fece anche molte altre cose, alle quali avea dato principio.
5   Aveva fra' Sebastiano vicino al Popolo una assai buona casa, la
    quale egli si avea murata, et in quella con grandissima contentezza
    si vivea senza più curarsi di dipignere o lavorare, usando spesso
    dire che è una grandissima fatica avere nella vecchiezza a raffrenare
    i furori a' quali nella giovanezza gli artefici per utilità, per onore e
10   per gara si sogliono mettere; e che non era men prudenza cercare di
    viver quieto, che vivere con le fatiche inquieto per lasciare di sé
    nome dopo la morte, dopo la quale hanno anco quelle fatiche e l'opere
    tutte ad avere, quando che sia, fine e morte; e come egli queste cose
    diceva, così a suo potere le metteva in essecuzione, perciò che i mi-
15   gliori vini e le più preziose cose che avere si potessero cercò sempre
    d'avere per lo vitto suo, tenendo più conto della vita che dell'arte.
    E perché era amicissimo di tutti gli uomini virtuosi, spesso avea
    seco a cena il Molza e messer Gandolfo, facendo bonissima cera.
    Fu ancora suo grandissimo amico messer Francesco Berni fiorentino,
20   che gli scrisse un capitolo, al quale rispose fra' Sebastiano con un altro
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Edizione Torrentiniana
    somiglianza; la quale oggi è in casa sua in Fiorenza fra l'altre belle pit-
    ture riposta. Ritrasse, nella creazione di papa Paolo, Sua Santità; e
    così cominciò il duca di Castro suo figliuolo, e non lo finì; e molte cose
    ancora aveva incominciate et imbastite, le quali egli non si curava, fat-
25   tovi un poco su, toccare altrimenti, dicendo: Io non posso dipignere.
    Aveva fra' Sebastiano vicino al Popolo murato una bellissima casa,
    e con grandissima contentezza si viveva, né curava più cosa alcuna dipi-
    gnere o lavorare, dicendo essere una grandissima fatica lo avere nella
    vecchiezza a raffrenare i furori ai quali nella giovanezza gli artefici per
30   utilità, per onore e per gara si sogliono mettere; e che non era men
    prudenzia cercare di vivere quieto vivo, che vivere con le fatiche in-
    quieto per lasciare di sé nome dopo la morte, le quali fatiche ancor elle
    hanno âvere morte. E per questa cagione egli et i miglior' vini e le più pre-
    ziose cose che e' trovava, le voleva sempre per il vitto suo, tenendo molto
35   più conto della vita che dell'arte. E di continuo aveva a cena il Molza e
    messer Gandolfo, e facevano bonissima cera. Era amico di tutti i poeti,
    e particularmente di messer Frencesco Bernia, il quale gli scrisse un bel-
    lissimo capitolo, et esso gli fece la risposta. Era morso da alcuni nell'arte,
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