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di continuo non avesse voluto operare più di quello ch'e' sapeva, averebbe |
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nel continuo far suo tanto avanzato se stesso, che, sì come di bella maniera, |
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d'arie, di leggiadria e di grazia passò ognuno, così averebbe ancora di |
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perfezzione, di fondamento e di bontà superato ciascuno. Ma il cervello, |
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che aveva a continovi ghiribizzi di strane fantasie, lo tirava fuor de |
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l'arte, potendo egli guadagnare quello oro ch'egli stesso arebbe voluto |
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con quello che la natura nel dipignere e 'l suo genio gli avevano inse- |
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gnato, e volse con quello che non poté mai imparare perdere la spesa |
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e il tempo e farsi danno alla propria vita. E questo fu ch'egli stillando |
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cercava l'archimia dell'oro, e non si accorgeva, lo stolto, ch'aveva l'archi- |
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mia del far le figure, le quali con pochi imbrat[t]amenti di colori, senza spe- |
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sa, traggono de le borse altrui le centinaia degli scudi. Ma egli in questa |
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cosa invanito e perdutovi il cervello, sempre fu povero; e tal cosa gli fe' |
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perdere tempo grandissimo, et odiarlo da infiniti, che più per il suo dan- |
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no che per il loro bisogno di ciò si dolevano. E nel vero chi riguarda |
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ai fini delle cose non debbe mai lasciare il certo per l'incerto, né, dove ei |
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può facilmente acquistar lode, cercare con somma fatica venire in per- |
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petuo biasmo. |
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Dicono che in Parma Francesco fu nutrito da piccolo da un suo zio, |
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e che crescendo poi sotto la disciplina di Antonio da Correggio pittore, |