Volume 4

Edizione Giuntina
    Giulio Romano, che nella sua patria aveva preso a fare per S. Croce,
    Compagnia di Battuti, una tavola per poco prezzo, della quale come
    amorevole si spogliò e la diede al Rosso, acciò che in quella città
    rimanesse qualche reliquia di suo; per il che la Compagnia si risentì,
5   ma il vescovo gli fece molte comodità. Onde finita la tavola, che
    gl'acquistò nome, ella fu messa in S. Croce, perché il Deposto che vi
    è di croce è cosa molto rara e bella, per avere osservato ne' colori
    un certo che tenebroso per l'eclisse che fu nella morte di Cristo, e
    per essere stata lavorata con grandissima diligenza. Gli fu dopo
10   fatto in Città di Castello allogazione d'una tavola, la quale volendo
    lavorare, mentre che s'ingessava le ruinò un tetto addosso che l'in-
    franse tutta, et a lui venne un mal di febbre sì bestiale che ne fu
    quasi per morire; per il che da Castello si fe' portare al Borgo. Segui-
    tando quel male con la quartana, si trasferì poi alla Pieve a S. Ste-
15   fano a pigliare aria, et ultimamente in Arezzo, dove fu tenuto in
    casa da Benedetto Spadari; il quale adoperò di maniera, col mezzo
    di Giovanni Antonio Lappoli aretino e di quanti amici e parenti
    essi avevano, che gli fu dato a lavorare in fresco alla Madonna delle
    Lagrime una volta, allogata già a Niccolò Soggi pittore; e perché
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Edizione Torrentiniana
20   di Giulio Romano, che nella sua patria aveva preso a fare per Santa
    Croce, Compagnia di Battuti, una tavola per poco prezzo, de la quale
    come amorevole si spogliò e la diede al Rosso, acciò che in quella città
    rimanesse qualche reliquia di suo; per il che la Compagnia si risentì,
    ma il vescovo gli fece molte comodità. Mentre che il Rosso lavorava
25   questa tavola, prese nome, et in quel luogo ne fu tenuto gran conto, e
    la tavola messa in opera in Santa Croce, nella quale fece un Deposto
    di croce, il quale è cosa molto rara e bella per avere osservato ne' colori
    un certo che tenebroso per lo eclisse che fu nella morte di Cristo, per
    essere stata lavorata con grandissima diligenza. Gli fu fatto in Città di
30   Castello allogazione di una tavola, la quale volendo lavorare, mentre
    che s'ingessava le ruinò un tetto adosso che la infranse tutta; vennegli
    un mal di febbre sì bestiale che ne fu quasi per morire; per il che di
    Castello si fe' portare al Borgo. Seguitando quel male con la quartana,
    si trasferì poi a la Pieve a Santo Stefano a pigliare aria, et ultimamente
35   in Arezzo, dove fu tenuto in casa da Benedetto Spadari. Stando egli
    a' suoi servigi, operò il mez[z]o di Giovanni Antonio Lappoli aretino
    e di quanti amici e parenti essi avevano, acciò che egli facesse alla Ma-
    donna delle Lagrime una volta, allogata già a Niccolò Soggi pittore;
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