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badava al suo lavoro, esser veduto; e messo mano a una |
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sua scatolet[t]a in forma di medaglia, ritrasse in quella di stucco |
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l'istesso imperadore, e l'ebbe condotto a fine quando appunto Tizia- |
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no ebbe finito anch'egli il suo ritratto. Nel rizzarsi dunque l'impera- |
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tore, Alfonso, chiusa la scatola, se l'aveva, acciò Tiziano non la vedes- |
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se, già messa nella manica, quando dicendogli Sua Maestà: «Mostra |
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quello che tu hai fatto», fu forzato a dare umilmente quel ritratto in |
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mano dell'imperatore; il quale avendo considerato e molto lodato |
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l'opera, gli disse: «Bastarebbeti l'animo di farla di marmo ? ». « Sacra |
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Maestà, sì», rispose Alfonso. «Falla dunque, - soggiunse l'imper[a- |
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tore] - e portamela a Genova». Quanto paresse nuovo questo fatto |
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a Tiziano, se lo può ciascuno per se stesso imaginare. Io per me credo |
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che gli paresse avere messa la sua virtù in compromesso. Ma quello |
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che più gli dovette parer strano, si fu che mandando Sua Maestà a |
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donare mille scudi a Tiziano, gli commise che ne desse la metà, |
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cioè cinquecento, ad Alfonso, e gl'altri cinquecento si tenesse per sé: |
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di che è da credere che seco medesimo si dolesse Tiziano. Alfonso |
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dunque, messosi con quel maggiore studio che gli fu possibile a |
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lavorare, condusse con tanta diligenza a fine la testa di marmo, che |
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fu giudicata cosa rarissima. Onde meritò, portandola all'imper[atore], |
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che Sua Maestà gli facesse donare altri trecento scudi. |
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Venuto Alfonso per i doni e per le lodi dategli da Cesare in ripu- |
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tazione, Ippolito cardinal de' Medici lo condusse a Roma, dove aveva |
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appresso di sé, oltre agl'altri infiniti virtuosi, molti scultori e pittori, |
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e gli fece da una testa antica molto lodata ritrarre in marmo Vitellio |
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imperatore. Nella quale opera avendo confirmata l'openione che di |
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lui aveva il cardinale e tutta Roma, gli fu dato a fare dal medesimo |