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et avendo buona pezza fatto all'amore con una onoratissima gentil- |
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donna, fu per avventura invitato da lei al ballo della torcia; per che |
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aggirandosi con essa, vinto da smania d'amore, disse con un profon- |
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dissimo sospiro e con voce tremante, guardando la sua donna con oc- |
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chi pieni di dolcezza: «S'amor non è, che dunque è quel ch'io sento?». |
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Il che udendo la gentildonna, che accortissima era, per mostrargli |
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l'error suo, rispose: «E' sarà qualche pidocchio». La quale risposta |
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essendo udita da molti, fu cagion che s'empiesse di questo motto |
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tutta Bologna e ch'egli ne rimanesse sempre scornato. E veramente |
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se Alfonso avesse dato opera non alle vanità del mondo, ma alle fa- |
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tiche dell'arte, egli avrebbe senza dubbio fatto cose maravigliose; |
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perché, se ciò faceva in parte non si essercitando molto, che avereb- |
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be fatto se avesse durato fatica? |
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Essendo il detto imperador Carlo Quinto in Bologna e venendo |
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l'eccellentissimo Tiziano da Cador a ritrarre Sua Maestà, venne in |
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desiderio Alfonso di ritrarre anch'egli quel signore; né avendo altro |
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commodo di potere ciò fare, pregò Tiziano, senza scoprirgli quello |
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che aveva in animo di fare, che gli facesse grazia di condurlo, in |
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cambio d'un di coloro che gli portavano i colori, alla presenza di |
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Sua Maestà. Onde Tiziano, che molto l'amava, come cortesissimo |
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che è sempre stato veramente, condusse seco Alfonso nelle stanze |
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dell'imperatore. Alfonso dunque, posto che si fu Tiziano a lavorare, |
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se gl'accommodò dietro in guisa che non poteva da lui, che attentissimo |