Volume 4

Edizione Giuntina
    ricche e molto accomodate, agevolando il modo di fare quelle pitture
    che vanno commesse di pezzi di vetri: il che pareva, et è veramente,
    a chi non ha questa pratica e destrezza, difficilissimo. Disegnò costui
    le sue pitture per le finestre con tanto buon modo et ordine, che le
5   commettiture de' piombi e de' ferri, che attraversano in certi luo-
    ghi, l'accomodò di maniera nelle congiunture delle figure e nelle pie-
    ghe de' panni, che non si conoscano, anzi davano tanta grazia che più
    non arebbe fatto il pennello: e così seppe fare della necessità virtù.
    Adoprava Guglielmo solamente di due sorti colori per ombrare que'
10   vetri che voleva reggessino al fuoco; l'uno fu scaglia di ferro, e l'al-
    tro scaglia di rame: quella di ferro nera gl'ombrava i panni, i capelli
    et i casamenti, e l'altra, cioè quella di rame, che fa tané, le carnagioni.
    Si serviva anco assai d'una pietra dura che viene di Fiandra e di
    Francia, che oggi si chiama lapis amatita, che è di colore rosso e
15   serve molto per brunire l'oro, e pésta prima in un mortaio di bronzo, e
    poi con un macinello di ferro sopra una piastra di rame o d'ottone,
    e temperata a gomma, in sul vetro fa divinamente. Non aveva Gu-
    glielmo quando prima arivò a Roma, se bene era pratico nel-
    l'altre cose, molto disegno; ma conosciuto il bisogno, se bene era in
20   là con gl'anni, si diede a disegnare e studiare, e così a poco a poco lo
    migliorò, quanto si vide poi nelle finestre che fece nel palazzo del
    detto cardinale in Cortona, et in quell'altro di fuori, et in un occhio
    che è nella detta Pieve sopra la facciata dinanzi, a man ritta entrando
    in chiesa, dove è l'arme di Papa Leone X; e parimente in due finestre
25   piccole che sono nella Compagnia del Gesù, in una delle quali è un
    Cristo, e nell'altra un Santo Onofrio: le quali opere sono assai diffe-
    renti e molto migliori delle prime.
    Dimorando dunque, come si è detto, costui in Cortona, morì in
    Arezzo Fabiano di Stagio Sassoli aretino, stato bonissimo maestro
30   di fare finestre grande; onde avendo gl'Operai del Vescovado allo-
    gato tre finestre che sono nella cappella principale, di venti braccia
    l'una, a Stagio figliuolo del detto Fabiano et a Domenico Pecori pit-
    tore, quando furono finite e poste ai luoghi loro, non molto sodisfecero
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Edizione Torrentiniana
    Morì allora in Arezzo Fabiano di Stagio Sassoli aretino, bonissimo
35   maestro di far finestre, et avevano gli Operai del Vescovado allogato
    tre fenestre grandi che sono nella cappella principale, di XX braccia
    d'altezza l'una, a Stagio figliuolo di Fabiano et a Domenico
    Pecori pittore; le quali finite, al luogo suo le posero: ma non molto sodisfecero
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