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riconosciuti, come fu Lorenzo di Cione Ghiberti, altrimenti di Barto- |
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luccio; il quale per mostrar l'amore, che prima a se stesso, poi alla sua |
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patria portava, meritò da Donato scultore e Filippo Brunelleschi archi- |
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tetto e scultore, eccellenti artefici, essere posto nel luogo loro, conoscendo |
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essi in verità, ancora che il senso gli stringesse forse a fare il contrario, |
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che Lorenzo era migliore maestro di loro nel getto. Fu veramente ciò |
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gloria di quegli e confusione di molti, i quali, presumendo di sé, si met- |
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tono in opera et occupano il luogo delle altrui virtù, non però facendo |
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eglino frutto alcuno, ma penando mille anni nel fare una lor cosa, sturba- |
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no et opprimono la scienzia degli altri con malignità e con invidia |
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grandissima. Fu adunque avventurato Lorenzo a ritrovarsi avere in |
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casa sua uomini i quali ebbero animo di conoscere il valore della sua |
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virtù e di dare con gratitudine e premio alle fatiche sue quel grado che |
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meritamente se gli convenne; felicissimo fu nel trovar gli artefici senza |
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invidia e i popoli che si dilettassino delle virtù, perché lasciò la sua |
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patria erede della più bella opera del mondo. |
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Fu dunque Lorenzo figliuolo di Bartoluccio Ghiberti, e dai suoi primi |
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anni imparò l'arte dell'orefice col padre, il quale v'era eccellente maestro |
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e gl'insegnò quel mestiero, il quale da Lorenzo fu preso talmente ch'egli lo |
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faceva assai meglio che 'l padre suo. E dilettandosi molto più de l'arte |
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della scultura e del disegno, maneg[g]iava qualche volta colori, et alcun'al- |
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tra gettava figurette piccole di bronzo e le finiva con molta grazia. |