Volume 3

Edizione Giuntina
    di Noè, facendo grandissimo giovamento alla scultura, perché
    dagl'antichi insino allora non era stato chi avesse lavorato di basso
    rilievo alcuna cosa, onde era quel modo di fare più tosto perduto che
    smarrito. Nell'arco di questa porta fece tre figure di marmo, grandi
5   quanto il vivo e tutte tonde, cioè una Nostra Donna col Putto in collo
    molto bella, San Petronio e un altro Santo molto ben disposti e con
    belle attitudini; onde i Bolognesi, che non pensavano che si potesse
    fare opera di marmo, nonché migliore, eguale a quella che Agostino
    et Agnolo Sanesi avevano fatto di maniera vecchia in San Francesco
10   all'altar maggiore nella loro città, restarono ingannati vedendo questa
    di gran lunga più bella. Dopo la quale, essendo ricerco Iacopo di
    ritornare a Lucca, vi andò ben volentieri, e vi fece in San Friano, per
    Federigo di maestro Trenta del Veglia, in una tavola di marmo, una
    Vergine col Figliuolo in braccio, San Bastiano, Santa Lucia, San
15   Ieronimo e San Gismondo, con buona maniera, grazia e disegno, e da
    basso nella predella di mezzo rilievo, sotto ciascun Santo, alcuna
    storia della vita di quello: il che fu cosa molto vaga e piace-
    vole, avendo Iacopo con bella arte fatto sfuggire le figure in su' piani,
    e nel diminuire più basse. Similmente diede molto animo agl'altri
20   d'acquistare alle loro opere grazia e bellezza con nuovi modi, avendo
    in due lapide grandi, fatte di basso rilievo per due sepolture, ritratto
    di naturale Federigo padrone dell'opera e la moglie. Nelle quali la-
    pide sono queste parole: HOC OPUS FECIT IACOBUS MAGISTRI PETRI
    DE SENIS 1422.
25   Venendo poi Iacopo a Firenze, gl'Operai di Santa Maria del Fiore,
    per la buona relazione avuta di lui, gli diedero a fare di marmo il
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Edizione Torrentiniana
    lodevole, e dentro a quelle intagliò da la creazione del mondo fino a
    Noè; e nell'arco fece tre figure di tondo rilievo: la Nostra Donna et il
    Putto, con due Santi da lato. La quale opera fu da lui lavorata con
30   grande amore e con somma diligenzia, e fu cagione di cavare d'uno
    errore i Bolognesi, che non pensavano che si potessi far meglio che una
    tavola fatta da' maestri vecchi quale è in San Francesco all'altar mag-
    giore nella città loro, qual fu di mano di alcuni Todeschi che doppo i
    Gotti lavororono della maniera vecchia più che altri che facessero in que'
35   tempi; de' quali si vede ancora opere assai per Italia fatte da loro, come
    la facciata di Orvieto, e la tavola di marmo del Vescovado di Arezzo, et in
    Pisa nel Duomo, et a Milano nel Duomo, e per la città in diversi luoghi.
    Ora, mentre che la fama di Iacopo si andava così dilatando, egli venne
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