Volume 3

Edizione Giuntina
    E di sopra fece un altro ordine di stanze commode per la famiglia
    del palazzo, in una delle quali, dove è oggi la Depositeria, è ritratto
    ginocchioni dinanzi a una Nostra Donna Carlo, figliuolo del re Ru-
    berto, duca di Calavria, di mano di Giotto. Vi fece similmente le
5   camere de' donzelli, tavolaccini, trombetti, musici, pifferi, maz-
    zieri, comandatori et araldi, e tutte l'altre stanze che a un così fatto
    palazzo si richieggono. Ordinò anco in cima del ballatoio una cornice
    di pietre che girava intorno al cortile, et appresso a quella una con-
    serva d'acqua che si ragunava quando pioveva, per far gittar fonti
10   posticce a certi tempi. Fece far ancora Michelozzo l'acconcime della
    cappella dove s'ode la Messa, et appresso a quella molte stanze e palchi
    ricchissimi, dipinti a gigli d'oro in campo az[z]urro; et alle stanze di
    sopra e di sotto di quel palazzo fece fare altri palchi, e ricoprire tutti i
    vecchi che vi erano stati fatti inanzi all'antica: et insomma gli diede
15   tutta quella perfezzione che a tanta fabrica si conveniva. E l'acque de'
    pozzi fece che si conducevano insino sopra l'ultimo piano, e che con
    una ruota si attignevano più agevolmente che non si fa per l'ordinario.
    A una cosa sola non potette l'ingegno di Michelozzo rimediare, cioè
    alla scala publica, perché da principio fu male intesa, posta in mal
20   luogo e fatta malagevole, erta e senza lumi, con gli scaglioni di legno
    dal primo piano in su. S'affaticò nondimeno di maniera che all'entrata
    del cortile fece una salita di scaglioni tondi et una porta con pilastri
    di pietra forte e con bellissimi capitelli intagliati di sua mano, et una
    cornice architravata doppia con buon disegno, nel fregio della quale
25   accommodò tutte l'arme del Comune; e che è più, fece tutte le scale
    di pietra forte insino al piano dove stava la Signoria, e le fortificò
    in cima et a mezzo con due saracinesche per i casi de' tumulti; et a
    sommo della scala fece una porta che si chiamava la Catena, dove
    stava del continuo un tavolaccino che apriva e chiudeva, secondo che
30   gli era commesso da chi governava. Riarmò la torre del campanile,
    che era crepata per il peso di quella parte che posa in falso, cioè sopra
    i beccatelli di verso la piazza, con cigne grandissime di ferro. E
    finalmente bonificò e restaurò di maniera questo palazzo che ne fu
    da tutta la città comendato, e fatto, oltre agl'altri premii, di Collegio,
35   il quale magistrato è in Firenze onorevole molto. E se a qualcuno
    paresse che io mi fussi in questo forse più disteso che bisogno non
    era, ne merito scusa, perché dopo aver mostrato nella Vita d'Arnolfo
    la sua prima edificazione, che fu l'anno 1298, fatta fuor di squadra
    e d'ogni ragionevole misura, con colonne dispari nel cortile, archi
40   grandi e piccoli, scale mal commode e stanze bieche e sproporzionate,
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