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come s'usa, salutato e confortato, gli dissero che suo debito era la- |
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sciar loro un podere che egli aveva in quel di Prato, ancorché piccolo |
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fusse e di pochissima rendita, e che di ciò lo pregavano strettamente. |
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Ciò udito Donato, che in tutte le sue cose aveva del buono, |
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disse loro: «Io non posso compiacervi, parenti miei, perché io voglio, |
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e così mi pare ragionevole, lasciarlo al contadino che l'ha sempre la- |
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vorato e vi ha durato fatica, e non a voi, che senza avergli mai fatto |
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utile nessuno né altro che pensar d'averlo, vorreste con questa vo- |
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stra visita che io ve lo lasciassi; andate, che siate benedetti». Et in |
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verità così fatti parenti, che non hanno amore se non quanto è l'u- |
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tile o la speranza di quello, si deono in questa guisa trattare. Fatto |
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dunque venire il notaio, lasciò il detto podere al lavoratore che sem- |
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pre l'aveva lavorato, e che forse nelle bisogne sue si era meglio |
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che que' parenti fatto non avevano, verso di sé portato. Le cose del- |
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l'arte lasciò ai suoi discepoli, i quali furono Bertoldo scultore fio- |
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rentino, che l'imitò assai (come si può vedere in una battaglia in bron- |
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zo d'uomini a cavallo, molto bella, la quale è oggi in guardaroba del |
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signor duca Cosimo), Nanni d'Anton di Banco, che morì inanzi a lui, |
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il Rossellino, Disiderio e Vellano da Padoa. Et insomma dopo la mor- |
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te di lui si può dire che suo discepolo sia stato chiunche ha voluto |