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Fu veramente felicità grandissima quella d'Andrea nascer in tem- |
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po, che, goffamente operandosi, si stimasse assai quello che pochis- |
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simo o più tosto nulla stimare si doveva. La qual cosa medesima av- |
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venne a fra' Iacopo da Turrita dell'Ordine di S. Francesco, perché |
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avendo fatto l'opere di musaico che sono nella scarsella dopo l'al- |
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tare di detto S. Giovanni, nonostante che fussero poco lodevoli, ne |
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fu con premii straordinarii remunerato e poi come ecc[ellente] mae- |
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stro condotto a Roma, dove lavorò alcune cose nella capella dell'altar |
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maggiore di S. Giovanni Laterano e in quella di S. Maria Maggiore. |
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Poi, condotto a Pisa, fece nella tribuna principale del Duomo, colla |
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medesima maniera che aveva fatto l'altre cose sue, aiutato nondime- |
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no da Andrea Tafi e da Gaddo Gaddi, gl'Evangelisti et altre cose |
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che vi sono, le quali poi furono finite da Vicino, avendole egli la- |
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sciate poco meno che imperfette del tutto. |
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Furono dunque in pregio per qualche tempo l'opere di costoro, |
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ma poi che l'opere di Giotto furono, come si dirà al luogo suo, poste |
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in paragone di quelle d'Andrea, di Cimabue e degl'altri, conobbero i |
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popoli in parte la perfezione dell'arte, vedendo la differenza che era |
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dalla maniera prima di Cimabue a quella di Giotto nelle figure |
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degl'uni e degl'altri et in quelle che fecero i discepoli et immitato- |
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ri loro. Dal quale principio, cercando di mano in mano gl'altri di |
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seguire l'orme de' maestri migliori e sopravanzando l'un l'altro fe- |
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licemente più l'un giorno che l'altro, da tanta bassezza sono state |