Volume 2

Edizione Giuntina
    combattano per la vittoria di lui; nella quale Spinello fece molte cose
    da considerare, in que' tempi che l'arte non aveva ancora né forza né
    alcun buon modo d'esprimere con i colori vivamente i concetti del-
    l'animo. E ciò furono, fra le molte altre cose che vi sono, due soldati
5   i quali, essendosi con una delle mani presi nelle barbe, tentano con
    gli stocchi nudi che hanno nell'altra tôrsi l'uno all'altro la vita, mo-
    strando nel volto e in tutti i movimenti delle membra il desiderio che
    ha ciascuno di rimanere vittorioso, e con fierezza d'animo essere senza
    paura e quanto più si può pensare coraggiosi; e così ancora, fra quegli
10   che combattono a cavallo, è molto ben fatto un cavalliere che con la
    lancia conficca in terra la testa del nimico, traboccato rovescio del
    cavallo tutto spaventato. Mostra un'altra storia il medesimo Santo
    quando è presentato a Diocliziano imperatore, che lo essamina della
    fede e poi lo fa dare ai tormenti e metterlo in una fornace, dalla quale
15   egli rimane libero et in sua vece abruciati i ministri che quivi sono
    molto pronti da tutte le bande: e insomma tutte l'altre az-
    zioni di quel Santo infino alla decollazione, dopo la quale è portata
    l'anima in cielo, e in ultimo quando sono portate d'Alessandria aPi-
    sa l'ossa e le reliquie di San Petito. La quale tutta opera per colorito
20   e per invenzione è la più bella, la più finita e la meglio condotta che
    facesse Spinello: la qual cosa da questo si può conoscere, che essendo-
    si benissimo conservata, fa oggi la sua freschezza maravigliare chiun-
    che la vede.
    Finita quest'opera in Camposanto, dipinse in una capella in San
25   Francesco, che è la seconda allato alla maggiore, molte storie di
    San Bartolomeo, di Santo Andrea, di San Iacopo e di San Giovanni
    Apostoli, e forse sarebbe stato più lungamente a lavorare in Pisa,
    perché in quella città erano le sue opere conosciute e guiderdonate;
    ma vedendo la città tutta sollevata e sottosopra per essere stato dai
30   Lanfranchi, cittadini pisani, morto messer Piero Gambacorti, di
    nuovo con tutta la famiglia, essendo già vecchio, se ne ritornò a Fio-
    renza, dove, in un anno che vi stette e non più, fece in Santa Croce
    alla capella de' Machiavelli, intitolata a S. Filippo e Iacopo, molte
    storie d'essi Santi e della vita e morte loro; e la tavola della detta
35   capella, perché era desideroso di tornarsene in Arezzo sua patria o
    per dir meglio da esso tenuta per patria, lavorò in Arezzo, e di là la
    mandò finita l'anno 1400.
    Tornatosene dunque là d'età d'anni settantasette o più, fu dai
    parenti e amici ricevuto amorevolmente e poi sempre carezzato e
40   onorato insino alla fine di sua vita, che fu l'anno 92 di sua età. E se
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