Volume 2

Edizione Giuntina
    pittura che Giotto facesse in quell'opere, che sono tutte vera-
    mente belle e lodevoli.
    Finito dunque che ebbe per ultimo il detto S. Francesco, se ne
    tornò a Firenze, dove giunto dipinse per mandar a Pisa, in una ta-
5   vola, un S. Francesco ne l'orribile sasso della Vernia con straordina-
    ria diligenza, perché oltre a certi paesi pieni d'alberi e di scogli, che
    fu cosa nuova in que' tempi, si vede nell'attitudini di S. Francesco
    che con molta prontezza riceve ginocchioni le stìmate, un ardentis-
    simo disiderio di riceverle et infinito amore verso Gesù Cristo, che in
10   aria circondato di Serafini gliele concede con sì vivi affetti che meglio
    non è possibile immaginarsi. Nel disotto poi della medesima tavola
    sono tre storie della vita del medesimo, molto belle. Questa tavola,
    la quale oggi si vede in S. Francesco di Pisa in un pilastro a canto al-
    l'altar maggiore, tenuta in molta venerazzione per memoria di tanto
15   uomo, fu cagione che i Pisani, essendosi finita apunto la fabrica di
    Camposanto secondo il disegno di Giovanni di Nicola Pisano, come
    si disse di sopra, diedero a dipignere a Giotto parte delle facciate di
    dentro; acciò che, come tanta fabrica era tutta di fuori incrostata di
    marmi e d'intagli fatti con grandissima spesa, coperto di piombo
20   il tetto, e dentro piena di pile e sepolture antiche state de' Gentili e
    recate in quella città di varie parti del mondo, così fusse ornata dentro
    nelle facciate di nobilissime pitture.
    Perciò, dunque, andato Giotto a Pisa, fece nel principio d'una
    facciata di quel Camposanto sei storie grandi in fresco del pa-
25   zientissimo Iobbe. E perché giudiziosamente considerò che i mar-
    mi, da quella parte della fabrica dove aveva a lavorare, erano vòlti
    verso la marina e che tutti, essendo saligni, per gli scilocchi sem-
    pre sono umidi e gettano una certa salsedine - sì come i mattoni
    di Pisa fanno per lo più e che perciò aciecano e si mangiano i co-
30   lori e le pitture -, fece fare, perché si conservasse quanto potesse
    il più l'opera sua, per tutto dove voleva lavorare in fresco un ar[r]ic-
    ciato overo intonaco o incrostatura che vogliam dire, con calcina,
    gesso e matton pesto mescolati così a proposito che le pitture che
    egli poi sopra vi fece si sono insino a questo giorno conservate.
35   E meglio starebbono, se la stracurataggine di chi ne doveva aver cura
    non l'avesse lasciate molto offendere dall'umido, perché il
    non avere a ciò, come si poteva agevolmente, proveduto, è stato ca-
    gione che, avendo quelle pitture patito umido, si sono gu[a]ste in
    certi luoghi e l'incarnazioni fatte nere e l'intonaco scortecciato, senza-
40   ché la natura del gesso, quando è con la calcina mescolato, è d'infracidare
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