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al quale per occhiali, ma giusti e buoni, serve la cera. E dicono che |
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a questo lavoro è necessario avere un giudizio risoluto, che antivegga |
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la fine nel molle e quale egli abbia a tornar poi secco, oltra che non si |
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può abbandonare il lavoro mentre che la calcina tiene del fresco, |
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e bisogna risolutamente fare in un giorno quello che fa la scultura |
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in un mese; e chi non ha questo giudizio e questa eccellenzia, si |
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vede, nella fine del lavoro suo o col tempo, le toppe, le macchie, i |
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rimessi et i colori soprapposti o ritocchi a secco, che è cosa vilissima, |
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perché vi si scuoprono poi le muffe e fanno conoscere la insufficienza |
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et il poco sapere dello artefice suo, sì come fanno bruttezza i pezzi |
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rimessi nella scultura; senzaché, quando accade lavare le figure a |
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fresco, come spesso dopo qualche tempo avviene per rinovarle, quel- |
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lo che è lavorato a fresco rimane, e quello che a secco è stato ritocco |
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è dalla spugna bagnata portato via. Soggiungono ancora che dove |
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gli scultori fanno insieme due o tre figure al più d'un marmo solo, |
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essi ne fanno molte in una tavola sola, con quelle tante e sì varie |
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vedute che coloro dicono che ha una statua sola, ricompensando |
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con la varietà delle positure, scorci et attitudini loro il potersi vedere |
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intorno intorno quelle degli scultori; come già fece Giorgione da |
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Castelfranco in una sua pittura, la quale, voltando le spalle et aven- |
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do due specchî, uno da ciascun lato, et una fonte d'acqua a' piedi, |
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mostra nel dipinto il dietro, nella fonte il dinanzi e nelli specchî gli |
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lati - cosa che non ha mai potuto far la scultura. Affermano oltra |
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di ciò che la pittura non lascia elemento alcuno che non sia ornato |