Volume 1

Edizione Giuntina
    ancora, il qual nel far di metallo fu cotanto celebrato, si vedeva
    a Smirna una vecchia ebbra, di marmo, fra le altre buone figure mol-
    to celebrata. Asinio Pollione, come nelle altre cose fu molto sollecito
    et isquisito, così anco si ingegnò che le cose da lui fatte a lunga me-
5   moria fussero singolari e ragguardevoli, e le adornò di molte figure
    d'ottimi artefici, ragunandole da ciascuna parte; le quali chi volesse
    ad una ad una raccontare arebbe troppo che scrivere. Ma infra le
    molto lodate vi si vedevano alcuni Centauri i quali via se ne porta-
    vano ninfe, e le Muse e Bacco e Giove e l'Oceano e Zete
10   et Amfione, e molte altre opere di eccellentissimi maestri. Medesi-
    mamente nella loggia di Ottavia, sorella di Agusto, era uno Apollo
    di mano di Flisco rodiano, et una Latona et una Diana e le nove
    Muse et un altro Apollo ignudo, l'uno de' quali - quello che sonava
    la lira - si credeva essere opera di Timarchide. Dentro alla loggia di
15   Ottavia nel tempio di Iunone era la Iunone stessa di mano di Dio-
    nisio e di Policle; un'altra Venere che era nel medesimo luogo, di
    Filisco; l'altre figure che vi si vedevano erano opera di Prassitele e
    molte altre nobili statue di ottimi maestri. Fu, per il luogo dove
    ella era posta, stimata molto bella opera un carro con quattro cavagli
20   et Apollo e Diana sopravi, d'una pietra sola, i quali Augusto in
    onore di Ottavio padre suo aveva consagrato nel colle Palatino sopra
    l'arco in un tempio adorno di molte colonne: e questo si diceva essere
    stato lavoro di Lisia. Nel giardino di Servilio furono molto lodati
    uno Apollo di quel Calamide chiaro maestro, et un Callistene - quel
25   che scrisse la storia di Alessandro Magno - di mano di Amfistrato.
    Di molti altri, che si conosceva per l'opere che erano stati nobili
    maestri, è smarrito il nome per il gran numero delle opere e degli ar-
    tefici - che infinite et infiniti furono -, come anco mancò poco che
    non si perderono coloro sì buoni maestri li quali formarono quel
30   Laocoonte di marmo il quale fu a Roma nel palazzo di Tito impe-
    radore: opera da aguagliarla a qualsivoglia celebrata di pittura o di
    scoltura o d'altro, dove d'un medesimo marmo sono ritratti il padre
    e duoi figliuoli con duoi serpenti, i quali gli legono et in molti modi
    gli stringono, come prima gli aveva dipinti Vergilio poeta; i quali
35   oggi in Roma si veggono anco saldi in Belvedere et il ritratto d'essi
    in Firenze nel cortile della casa de' Medici; il qual lavoro insieme
    fecero Agesandro, Polidoro et Atenodoro rodiani, degni per questo
    lavoro solo d'essere, a paro degli altri celebrati, lodati.
    Furono i palazzi degli imperadori romani di figure molto buone
40   adornati di Cratero, Pitodoro, Polidette, Ermolao e d'un altro Pitodoro
- pagina 222 -
pagina precedentepagina successiva