Volume 1

Edizione Giuntina
    questo Prassitele: una Flora, uno Triptolemo et una Cerere nel giar-
    dino di Servilio, e nel Campidoglio una figura della Buona Ventura
    et alcune Baccanti, et al sepolcro di Pollione uno Sileno, uno Apollo
    e Nettunno. Rimase di lui un figliuolo chiamato Cefisodoro, erede del
5   patrimonio e dell'arte insieme, del quale è lodato a maraviglia a Per-
    gamo di Asia una figura, le dita della quale parevano più veracemente
    a carne che a marmo impresse. Di costui mano erano anco in Roma
    una Latona al tempio d'Apollo Palatino, una Venere al sepolcro
    di Asinio Pollione, e drento alla loggia di Ottavia al tempio di Giu-
10   none uno Esculapio et una Diana.
    Scopa ancora al medesimo tempo fu di chiarissimo nome e con i
    detti di sopra contese del primo onore. Fece egli una Venere et un
    Cupido et un Fetonte, i quali con gran divozione e cirimonie erano a
    Samotracia adorati, e lo Apollo detto il Palatino dal luogo dove egli
15   fu consacrato, et una Vesta che sedeva nel giardino di Servilio e due
    ministre della Dea apressoli, alle quali due altre simiglianti pur del
    medesimo maestro si vedevano fra le cose di Pollione; di cui ancora
    erano molto tenute in pregio nel tempio di Gneo Domizio nel Circo
    Flamminio un Nettunno, una Tetide con Achille e le sue ninfe
20   a sedere sopra i delfini et altri mostri marini e tritoni e Forco et un
    coro d'altre ninfe, tutte opere di sua mano; le quali sole, quando non
    avesse mai fatto altro in sua vita, sarieno bastate ad onorarlo. Fuor
    di queste molte altre se ne vedevano in Roma le quali si sapeva certo
    che erano opere di questo artefice, e ciò era un Marte a sedere, un
25   colosso del medesimo al tempio di Bruto Callaico dal Circo, che si
    vedeva da chi andava inverso la porta Labicana, e nel medesimo
    luogo una Venere tutta ignuda che si tiene che avanzi di bellezza
    quella famosa da Gnido di Prassitele. Ma in Roma, per il numero
    grande che da ogni parte ve n'era stato portato, apena che le si rico-
30   noscessero, ché, oltre alle narrate, ve ne aveva molte altre bellissime.
    I nomi degli artefici che le avevano fatte s'erano in tutto perduti, sì
    come advenne di quella Venere che Vespasiano imperadore consagrò
    al tempio della Pace, la quale per la sua bellezza era degna d'essere di
    qualunche de' più nominati artefici opera. Il simigliante advenne nel
35   tempio di Apollo di una Niobe con i figliuoli la quale dallo arco di
    Apollo era ferita e pareva che ne morisse, la quale non bene si sapeva
    se l'era opera di Prassitele opure di Scopa. Similmente si
    dubitava di uno Iano, il quale aveva condotto di Egitto Agusto e nel
    suo tempio l'aveva consagrato. La medesima dubitanza rimaneva di
40   quel Cupido che aveva in mano l'arme di Giove che si vedeva nella
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