Volume 1

Edizione Giuntina
    che non vi rimaneva parte alcuna che non fusse maravigliosa-
    mente lavorata. Nella base erano ritratti XII Dei ch'e' pareva che cono-
    scessero la vittoria, di bellezza eccessiva. Similmente faceva maravi-
    glia il drago ritratto nello scudo e sotto l'asta una sfinge di bronzo.
5   Abbiamo voluto ag[g]iugnere anco questo di quel nobile artefice non
    mai abastanza lodato, acciò si sappi l'eccellenza di lui non solo nelle
    grandi opere, ma nelle minori ancora e nelle minime et in ogni sorta
    di rilèvo essere stata singolare.
    Fu dipoi Prassitele, il quale nelle figure di marmo, comeché egli
10   fusse anco eccellente nel metallo, fu maggiore di se stesso. Molte
    delle sue opere in Atene si vedevano nel Ceramico. Ma fra le molte
    eccellenti, e non solo di Prassitele ma di qualunche altro maestro
    singolare in tutto il mondo, è più chiara e più famosa quella Venere
    la qual sol per vedere e non per altra cagione alcuna molti di lontano
15   paese navigavano a Gnido. Fece questo artefice due figure di Venere
    l'una ignuda e l'altra vestita, e le vendé un medesimo pregio; la
    ignuda comperarono quei di Gnido, la quale fu tenuta di gran lunga
    migliore e la quale Nicomede re volle da loro comperare offerendo
    di pagare tutto il debito che aveva il lor comune, che era grandissimo;
20   i quali elessero innanzi di privarsi d'ogni altra sustanza e rimaner
    mendichi che di spogliarsi di così bello ornamento: e fecero savia-
    mente, perciò che quanto aveva di buono quel luogo, che per altro
    non era in pregio, lo aveva da questa bella statua. La cappelletta dove
    ella si teneva chiusa si apriva d'ogn'intorno, talmente che la bellezza
25   della Dea, la quale non aveva parte alcuna che non movesse a ma-
    raviglia, si poteva per tutto vedere. Dicesi che fu chi, innamorando-
    sene, si nascose nel tempio e che l'abbracciò, e che del
    fatto ne rimase la macchia la quale poi lungo spazio si parve. Erano
    in Gnido parimente alcune altre imagini pur di marmo d'altri nobili
30   artefici, come un Bacco di Briaxi et un altro di Scopa et una Minerva,
    le quali ag[g]iugnevano infinita lode a quella bella Venere, perciò che
    queste altre, avvengaché di buoni maestri, non erano in quel luogo
    tenute di pregio alcuno. Fu del medesimo artefice quel bel Cupido il
    quale Tullio rimproverò a Verre nelle sue accusazioni, e quell'altro
35   per il quale era solamente tenuta chiara la città di Tespia in Grecia,
    il quale fu poi a Roma grande ornamento della scuola di Ottavia.
    Di mano del medesimo si vedeva un altro Cupido in Pario, colonia
    della Propontide, al quale fu fatto la medesima ingiuria che a quella
    Venere da Gnido, perciò che uno Alchida rodiano se ne innamorò e
40   dello amore vi lasciò il segnale. A Roma erano molte delle opere di
- pagina 219 -
pagina precedentepagina successiva