Volume 1

Edizione Giuntina
    scrisse Varrone, però che delle cave a lume di lucerna si traeva, fu
    chiamato marmo di lucerna. Ma furono poi trovati altri marmi molto
    più bianchi, ma forse non così fini, come è anco quel di Carrara.
    Avenne in quelle cave, come si dice, cosa che apena par da credere,
5   che, fendendosi con essi i conî un masso di questo marmo, si sco-
    perse nel mezzo una imagine d'una testa di Sileno. Come ella vi fusse
    entro non si sa così bene e si crede che ciò a caso avenisse.
    Dicono che quel Fidia di cui di sopra abbiamo detto che sì bene
    aveva lavorato in metallo e fatto d'avorio alcune nobilissime statue,
10   fu anco buon maestro di ritrarre in marmo e che di sua mano fu quella
    bella Venere che si vedeva a Roma nella loggia di Ottavia; e che egli
    fu maestro di Alcmane ateniese, in questa arte molto pregiato, delle
    opere di cui molte gli Ateniesi ne' loro tempî consacrarono e, fra le
    altre, quella bellissima Venere la quale per essere stata posta fuor
15   delle mura fu chiamata la Fuor-di-città, alla quale si diceva che Fidia
    aveva dato la perfezzione e, come è in proverbio, avervi posto l'ultima
    mano. Fu discepolo del medesimo Fidia anco Agoracli-
    to da Paro, a lui per il fiore della età molto caro, onde molti credet-
    tero che Fidia a questo giovane donasse molte delle sue opere. Lavo-
20   rarono questi duoi discepoli di Fidia a pruova ciascuno una Venere,
    e fu giudicato vincitore l'ateniese non già per la bellezza della opera,
    ma perciò che i cittadini ateniesi che ne devevano esser giudici più
    favorarono l'artefice lor cittadino che il forestiero; di che sdegnato
    Agoracrito vendé quella sua figura con patto che mai la non si do-
25   vesse portare in Atene, e la chiamò lo Sdegno; la quale fu poi posta
    pur nella terra Attica in un borgo che si chiamava Rannunte, la qual
    figura Marco Varrone usava dire che gli pareva che di bellezza avan-
    zasse ogn'altra. Erano ancora di mano di questo medesimo Agoracrito
    nel tempio della Madre degli Dei, pure in Atene, alcune altre opere
30   molto eccellenti. Ma che quel Fidia maestro di questi due fusse di
    tutti gli artefici cotali eccellentissimo, niuno fu, che io creda, che ne
    dubitasse giamai, né solo per quelle nobilissime figure grande di Gio-
    ve d'avorio né per quella Minerva d'Atene pur d'avorio e d'oro, di
    26 cubiti d'altezza, ma non meno per le picciole e per le minime,
35   delle quali in quella Minerva n'era un numero infinito, le quali non
    si debbono lasciare che le non si contino. Dicono adunche che nello
    scudo della Dea e nella parte che rilèva era scolpita la battaglia che
    già anticamente fecero gli Ateniesi con le Amaz[z]one, e nel cavo di
    drento i Giganti che combattevano con li Dei, e nelle pianelle il
40   conflitto de' Centauri e de' Lapiti, e ciò con tanta maestria e sottigliezza
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