Volume 1

Edizione Giuntina
    dove era Ulisse, il quale fingendosi stolto metteva a giogo un bue
    et un cavallo, e Palamede che nascondeva la spada in un fascio
    di legne.
    Al medesimo tempo fu Ciclia, una tavola di cui contenente gli
5   Argonauti comperò Ortensio oratore, credo, quarantaquattro talenti,
    et a questa sola a Tuscolo sua villa fabricò una cappelletta. Di Eu-
    franore fu discepolo Antidoto, di cui si diceva essere in Atene uno
    con lo scudo in atto di combattere, uno che giocava alla lotta, uno
    che sonava il flauto, lodati eccessivamente. Fu costui per sé chiaro
10   assai, ma molto più per essere stato suo discepolo Nicia Ateniese,
    quegli che così bene dipinse le femmine, et il chiaro e lo scuro nelle
    sue opere così bene rassembrò di maniera che le opere di lui tutte
    parevano nel piano rilevate, nel che egli si sforzò e valse molto. L'o-
    pere di costui molto chiare furono una Nemea la quale a Roma da
15   Sillano fu portata d'Asia, medesimamente un Bacco il quale era nel
    tempio della Concordia, uno Iacinto il quale Cesare Agusto, piacen-
    dogli oltremodo, portò seco a Roma d'Alessandria poi che esso l'ebbe
    presa e perciò Tiberio Cesare nel tempio di lui lo consacrò a Diana.
    A Efeso dipinse il sepolcro molto celebrato di Megalisia sacerdotessa
20   di Diana; in Atene l'inferno d'Omero, che nella greca lingua si chia-
    ma Necia, il quale egli dipinse con tanta attenzione d'animo e con
    tanto affetto che bene spesso domandava i suoi famigliari se egli quel-
    la mattina aveva desinato o no; la qual pittura, potendola vendere
    alcuni dicono a Attalo re et altri a Tolommeo - sessanta talenti,
25   volle più tosto farne dono alla patria sua. Dipinse inoltre figure molto
    maggiori del naturale, ciò furono Calipso, Io, Andromeda, Alessan-
    dro che a Roma si vedeva nella loggia di Pompeo, et un'altra Calipso a
    sedere. Fu nel ritrarre le bestie maraviglioso, et i cani principal-
    mente. Questi è quel Nicia di cui soleva dire Prassitele, domandato
30   qual delle sue figure di marmo egli avesse per migliore: quelle a cui
    Nicia aveva posto l'ultima mano - tanto dava egli a quella ultima po-
    litura con la quale si finiscono le statue. Fu giudicato pare a questo
    Nicia, e forse maggiore, uno Atenione Maronite discepolo di Glau-
    cone da Corinto, tuttoché nel colorire fusse alquanto più
35   austero, ma tale nondimeno che quella severità dilettava e che nell'ar-
    te di lui si mostrava molto sapere. Dipinse nel tempio di Cerere Eleu-
    sina nella attica Filarco et in Atene quel gran numero di femmine
    che in certi sacrifizii andavano a processione con canestri in capo.
    Diedegli gran nome un cavallo dipinto con uno che lo menava, e me-
40   desimamente Achille, il quale, sotto abito feminile nascoso, era trovato
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