Volume 1

Edizione Giuntina
    imposto Alessandro che gli ritraesse nuda Cansace, una la più bella
    delle sue concubine la quale esso amava molto, et accorgendosi per
    segni manifesti che nel mirarla fiso Apelle s'era acceso della bellezza di
    lei, concedendoli Alessandro tutto il suo affetto gnene fece dono, senza
5   aver riguardo anco a lei, che, essendo amica di re e di Alessandro re, li
    convenne divenire amica d'un pittore. Furono alcuni che stimarono
    che quella Venere Dionea tanto celebrata fusse il ritratto di questa
    bella femmina.
    Fu questo Apelle molto umano inverso li artefici de' suoi tempi et
10   il primo che dètte riputazione alle opere di Protogene in Rodi, per-
    ciò che egli, come il più delle volte suole avvenire, tra i suoi cittadini
    non era stimato molto. E domandandogli Apelle alcuna volta
    quanto egli stimasse alcune sue figure, rispose non so che piccola
    cosa, onde egli dètte nome di voler per sé comperar quelle ch'egli avea
15   lavorato e lavorerebbe per rivenderle per sue prezzo molto maggio-
    re; il che fece aprire gli occhi a' Rodiani, né volle cederle loro, se
    non arrogevano al prezzo con non poco utile di quel pittore.
    È cosa incredibile quello che è scritto di lui, cioè che egli ritraeva
    sì bene e sì apunto le imagini altrui dal naturale, che uno di questi
20   che nel guardare in viso altrui fiso sogliono indovinare quello che ad
    alcuno sii avvenuto nel passato tempo o debba avvenire nel futuro - i
    quali si chiamano fisiomanti - guardando alcun ritratto fatto da Apelle,
    conobbe per quello quanto quegli di cui era il ritratto dovesse vivere
    o fusse vivuto. Dipinse con un nuovo modo Antigono re che l'uno
25   degl'occhi aveva meno, in maniera che il difetto della faccia non ap-
    parisse, perciò che egli lo dipinse col viso tanto vòlto quanto bastò a
    celare in lui quel mancamento, non parendo però difetto alcuno nella
    figura.
    Ebbero gran nome alcune imagini da lui fatte di persone che mo-
30   rivano; ma fra le molte sue e molto lodate opere qual fosse la più
    perfetta non si sa così bene. Agusto Cesare consagrò al tempio di
    Giulio suo padre quella Venere nobilissima ch'è per uscir del mare e
    da quell'atto stesso fu chiamata Anadiomene, la quale da' poeti greci
    fu mirabilmente celebrata et illustrata, alla parte di cui che s'era
35   corrotta non si trovò chi ardisse por mano; il che fu grandissima glo-
    ria di cotal artefice. Egli medesimo cominciò a quelli di Còo un'altra
    Venere e ne fece il volto e la parte sovrana del petto, e si pensò, da
    quel che se ne vedeva, che egli arebbe e quella prima Dionea e se stes-
    so in questa avanzato. Morte così bella opera interroppe né si trovò poi
40   chi alla parte disegnata presumesse aggiugner colore. Dipinse ancora
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