Volume 5

Edizione Giuntina
    fatta fare, ma ancora perché desse ordine di condurre un pezzo di
    granito tondo di dodici braccia per diametro, del quale si aveva
    a fare una tazza per lo prato grande de' Pitti, la quale ricevesse l'ac-
    qua della fonte principale. Andato dunque colà il Tribolo, e fatta
5   fare una scafa a posta per condurre questa tazza et ordinato agli scar-
    pellini il modo di condurla, se ne tornò a Fiorenza; dove non fu sì
    tosto arivato, che trovò ogni cosa piena di rimori e maladizioni
    contra di sé, avendo di que' giorni le piene et inondazioni fatto
    grandissimi danni intorno a que' fiumi che egli aveva rasset-
10   tati, ancorché forse non per suo difetto in tutto fusse ciò avenuto.
    Comunche fusse, o la malignità d'alcuni ministri e forse l'invidia,
    o che pure fusse così il vero, fu di tutti que' danni data la colpa al
    Tribolo, il quale non essendo di molto animo, et anzi scarso di partiti
    che non, dubitando che la malignità di qualcuno non gli facesse
15   perdere la grazia del Duca, si stava di malissima voglia, quando gli
    sopragiunse, essendo di debole complessione, una grandissima febre,
    a dì 20 d'agosto l'anno 1550; nel qual tempo, essendo Giorgio in Fi-
    renze per far condurre a Roma i marmi delle sepolture che papa Giulio
    Terzo fece fare in San Piero a Montorio, come quelli che veramente
20   amava la virtù del Tribolo, lo visitò e confortò, pregandolo che non
    pensasse se non alla sanità, e che guarito si ritraesse a finire l'opera di
    Castello, lasciando andare i fiumi, che più tosto potevano affogargli
    la fama che fargli utile o onore nessuno. La qual cosa, come promise
    di voler fare, arebbe, mi credo io, fatta per ogni modo, se non fusse
25   stato impedito dalla morte, che gli chiuse gl'occhi a dì 7 di settembre
    del medesimo anno. E così l'opere di Castello, state da lui cominciate
    e messe inanzi, rimasero imperfette, perciò che, se bene si è lavorato
    dopo lui ora una cosa et ora un'altra, non però vi si è mai atteso con
    quella diligenza e prestezza che si faceva vivendo il Tribolo, e quando
30   il signor Duca era caldissimo in quell'opera. E di vero chi non tira
    inanzi le grandi opere mentre coloro che fanno farle spendono vo-
    lentieri e non hanno maggior cura, è cagione che si devia e si lascia
    imperfetta l'opera che arebbe potuto la sollecitudine e studio con-
    durre a perfezzione. E così per negligenza degl'operatori rimane il
35   mondo senza quello ornamento, et eglino senza quella memoria et
    onore, perciò che rade volte adiviene, come a quest'opera di Castello,
    che mancando il primo maestro, quegli che in suo luogo succede vo-
    glia finirla secondo il disegno e modello del primo, con quella mo-
    destia che Giorgio Vasari di commessione del Duca ha fatto, secondo
40   l'ordine del Tribolo, finire il vivaio maggiore di Castello e l'altre cose,
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