Volume 5

Edizione Giuntina
    che è posto in sull'altar maggiore, in una tela a olio, Cristo che òra
    nell'orto e l'Angelo che, mostrandogli il calice della Passione, lo
    conforta: che invero fu assai bella e buon'opera. Alle monache di
    San Benedetto d'Arezzo, dell'ordine di Camaldoli, sopra una porta
5   per la quale si entra nel monasterio, fece in un arco la Nostra Donna,
    San Benedetto e Santa Caterina; la quale opera fu poi, per aggrandire
    la chiesa, gettata in terra.
    Nel castello di Marciano in Valdichiana, dov'egli si tratteneva as-
    sai, vivendo parte delle sue entrate che in quel luogo aveva e parte
10   di qualche guadagno che vi faceva, cominciò Niccolò in una tavola un
    Cristo morto, e molte altre cose con le quali si andò un tempo tratte-
    nendo; et in quel mentre avendo appresso di sé il già detto Domenico
    Giuntalocchi da Prato, si sforzava, amandolo et appresso di sé tenen-
    dolo come figliuolo, che si facesse eccellente nelle cose dell'arte,
15   insegnandoli a tirare di prospettiva, ritrarre di naturale e disegnare,
    di maniera che già in tutte queste parti riusciva bonissimo e di bello
    e buono ingegno. E ciò faceva Niccolò, oltre all'essere spinto dall'af-
    fezione et amore che a quel giovane portava, con isperanza, essendo già
    vicino alla vecchiezza, d'avere chi l'aiutasse e gli rendesse negl'ultimi
20   anni il cambio di tante amorevolezze e fatiche. E di vero fu Niccolò
    amorevolissimo con ognuno, e di natura sincero e molto amico di
    coloro che s'affaticavano per venire da qualche cosa nelle cose del-
    l'arte; e quello che sapeva l'insegnava più che volentieri.
    Non passò molto dopo queste cose, che essendo da Marciano tor-
25   nato in Arezzo Niccolò, e da lui partitosi Domenico, che s'ebbe a dare
    dagli uomini della Compagnia del Corpo di Cristo di quella città
    a dipignere una tavola per l'altare maggiore della chiesa di San Do-
    menico. Per che disiderando di farla Niccolò, e parimente Giorgio
    Vasari allora giovinetto, fece Niccolò quello che per aventura non
30   farebbono oggi molti dell'arte nostra; e ciò fu che veggendo egli, il
    quale era uno degli uomini della detta Compagnia, che molti per
    tirarlo inanzi si contentavano di farla fare a Giorgio, e che egli n'a-
    veva disiderio grandissimo, si risolvé, veduto lo studio di quel gio-
    vinetto, deposto il bisogno e disiderio proprio, di far sì che i suoi
35   compagni l'allogassino a Giorgio, stimando più il frutto che quel
    giovane potea riportare di quell'opera che il suo proprio
    utile et interesse. E come egli volle, così fecero apunto gli uomini
    di detta Compagnia.
    In quel mentre Domenico Giuntalochi essendo andato a Roma,
40   fu di tanto benigna la fortuna, che conosciuto da don Martino ambasciadore
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