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PAULO ROMANO E MAESTRO MINO. |
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SCULTORI. |
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Egli è pure una temeraria prosunzione, anzi una grande e matta pazzia, |
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quella di coloro che per gara molte volte si mettono a volere essere supe- |
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riori a quegli che ne sanno più di loro e con istudio maggiore si sono af- |
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faticati nelle virtù, ove questi perversi, dalla mala natura spinti e tirati |
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da odio, senza rispetto o freno di vergogna inanzi a tutti vogliono essere |
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i più stimati, e si lasciano uscire di bocca certe parole che molte volte |
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fanno lor danno. Per che gonfiati dai veleni e dalle ostinazioni ch'ànno |
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concetto in loro, si dànno ad intendere e facilmente si credono senza |
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alcuna considerazione (tuttoché in parte e' conoschino l'error loro den- |
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tro a se stessi) con la vampa delle parole ricoprire la ignoranzia loro, et |
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abbattere o sotter[r]are quegli altri che, umili e di più sapere, operando |
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con le fatiche loro poveramente seguitano l'orme della vera virtù. E se |
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questo non segue sempre, egli adviene pure spesso che infiniti credono alla |
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ciurma delle loro parole; e molte cose per questa via sono allogate loro, |
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le quali, come cattivi e di mal animo che sono, conducono fino a una certa |
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fine, e trovatosi al di sotto delle opere per la imperfezzione, le guastano |
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e di que' paesi si fuggono, attribuendo ciò alla altezza dello ingegno, alla |
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fantasticheria dell'arte o all'avarizia de' prìncipi o a qualche altra |
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nuova sciagura; laonde col tempo scuoprono poi la ragia del saper |
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loro nelle arti, come scoperse di sé maestro Mino scultore. Il quale |
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fu tanto prosontuoso che, oltra il far suo, con le parole alzava tanto le |
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proprie fatiche per le lode, che nel farsi allogazione da Pio Secondo |