Volume 1

Edizione Giuntina
    come allora era usanza di fare, di più luoghi. Mummio, quel
    che vinse la Grecia, ne empié Roma, molte ve ne portò Lucullo et
    in poco tempo ne fu spogliata l'Asia e la Grecia in gran parte; e con
    tutto ciò fu chi lasciò scritto che a Rodi in questo tempo n'erano an-
5   cora tre migliaia, né minor numero in Atene né minore ad Olimpia
    e molto maggiore a Delfo - delle quali le più nobili e li maestri d'esse
    noi di sopra abbiamo in qualche parte raccontato. Né solo le imagini
    degli Dei e le figure degli uomini rassembrarono, ma ancora d'altri
    animali, infra i quali nel Campidoglio nel tempio più secreto di Giu-
10   none si vedeva un cane ferito che si leccava la piaga, di sì eccessiva
    simiglianza che apena pare che si possa credere; la bellezza della
    qual figura quanto i Romani stimassero si può giudicare dal luogo
    dove essi la guardavano, e molto più che coloro ai quali si aspettava
    la guardia del tempio con ciò che drento vi era, non si stimando
15   somma alcuna di denari pari alla perdita di quella figura se ella fusse
    stata involata, la devevano guardare a pena della testa.
    Né bastò alli nobili artefici imitare e rassembrare le cose secondo
    che elle sono da natura, ma fecero ancora statue altissime e bellissime
    molto sopra il naturale, come fu l'Apollo in Campidoglio alto trenta
20   braccia, la qual figura Lucullo fece portare a Roma delle terre d'oltre
    il mar Maggiore, e qual fu quella di Giove nel Campo Marzio la
    quale Claudio Agusto vi consagrò che, dalla vicinanza del teatro di
    Pompeo, fu chiamato il Giove Pompeiano; e quale ne fu anco una
    in Taranto fattavi da Lisippo alta ben trenta braccia, la quale con la
25   grandezza sua da Fabio Massimo si difese allora quando la seconda
    volta prese quella città, non si potendo quindi se non con gran fatica
    levare, ché, come ne portò l'Ercole che era in Campidoglio, così anco
    ne arebbe seco quella a Roma portata. Ma tutte l'altre maraviglie
    di così fatte cose avanzò di gran lunga quel colosso che a' Rodia-
30   ni in onor del Sole, in cui guardia era quella isola, fece Carete da
    Lindo discepolo di Lisippo, il quale dicono che era alto 70 braccia;
    la qual mole, dopo 56 anni che ella era stata piantata, fu da un
    grandissimo tremuoto abattuta et in terra distesa e tutta rotta; la
    quale si mirava poi con infinito stupore de' riguardanti, ché il dito
35   maggiore del piede apena che un ben giusto uomo avesse potuto
    abracciare, e le altre dita a proporzione della figura fatte erano mag-
    giori che le statue comunali. Vedevansi per le membra vote
    caverne grandissime e sassi entrovi di smisurato peso, con li quali
    quello artefice aveva opera così grande contrapesata e ferma. Dicesi
40   che ben 12 anni faticò intorno a questa opera e che 300 talenti entro
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