Volume 5

Edizione Giuntina
    Andrea un cielo aperto con tutti i cori degl'Angeli, che fu cosa vera-
    mente rarissima; e Giovanni Gaddi, con l'aiuto di Iacopo Sansovino,
    d'Andrea del Sarto e di Giovanfrancesco Rustici, rappresentò un
    Tantalo nell'inferno, che diede mangiare a tutti gl'uomini della Com-
5   pagnia, vestiti in abiti di diversi Dii, con tutto il rimanente della favola
    e con molte capricciose invenzioni di giardini, paradisi, fuochi lavo-
    rati, et altre cose che troppo, raccontandole, farebbono lunga la no-
    stra storia. Fu anche bellissima invenzione quella di Luigi Martelli,
    quando, essendo signor della Compagnia, le diede cena in casa di
10   Giuliano Scali alla Porta Pinti: perciò che rappresentò Marte per la
    crudeltà tutto di sangue imbrattato, in una stanza piena di membra
    umane sanguinose; in un'altra stanza mostrò Marte e Venere nudi
    in un letto, e poco appresso Vulcano che, avendogli coperti sotto la
    rete, chiama tutti gli Dii a vedere l'oltraggio fattogli da Marte e dalla
15   trista moglie.
    Ma è tempo oggimai dopo questa, che parrà forse ad alcuno troppo
    lunga digressione, che non del tutto a me pare fuor di proposito per
    molte cagioni stata raccontata, che io torni alla Vita del Rustico. Gio-
    vanfrancesco adunque, non molto sodisfacendogli, dopo la cacciata
20   de' Medici l'anno 1528, il vivere di Firenze, lasciato d'ogni sua cosa
    cura a Niccolò Boni, con Lorenzo Naldini cognominato Guazzetto,
    suo giovane, se n'andò in Francia; dove essendo fatto conoscere al re
    Francesco da Giovambatista della Palla, che allora là si trovava, e da
    Francesco di Pellegrino suo amicissimo, che v'era andato poco in-
25   nanzi, fu veduto ben volentieri et ordinatogli una provisione di cin-
    quecento scudi l'anno. Dal qual re, a cui fece Giovanfrancesco alcune
    cose, delle quali non si ha particolarmente notizia, gli fu dato a fare
    ultimamente un cavallo di bronzo due volte grande quanto il natura-
    le, sopra il quale doveva esser posto esso re. Laonde avendo messo
30   mano all'opera, dopo alcuni modelli, che molto erano al re piaciuti,
    andò continuando di lavorare il modello grande et il cavo per gettarlo
    in un gran palazzo statogli dato a godere dal re. Ma, che che se ne
    fusse cagione, il re si morì prima che l'opera fusse finita. Ma perché
    nel principio del regno d'Enrico furono levate le provisioni a molti
35   e ristrette le spese della corte, si dice che Giovanfrancesco, trovandosi
    vecchio e non molto agiato, si viveva, non avendo altro, del frutto che
    traeva del fitto di quel gran palagio e casamento che avea avuto a go-
    dersi dalla liberalità del re Francesco. Ma la fortuna, non contenta di
    quanto aveva insino allora quell'uomo sopportato, gli diede, oltre al-
40   l'altre, un'altra grandissima percossa; perché avendo donato
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