Volume 4

Edizione Giuntina
    quanto acconcia un buono e savio in cento anni, tanto rovina un
    ignorante villano e pazzo in un giorno. E pare che la sorte voglia che
    bene spesso coloro che manco sanno e di niuna cosa virtuosa si dilet-
    tano, siano sempre quelli che comandino e governino, anzi rovinino
5   ogni cosa; sì come anco disse de' principi secolari non meno dotta-
    mente che con verità l'Ariosto nel principio del XVII canto. Ma tor-
    nando a Benedetto, fu peccato grandissimo che tante sue fatiche e
    spese di quella Religione siano così sgraziatamente capitate male.
    Fu ordine et architettura del medesimo la porta e vestibulo della
10   Badia di Firenze, e parimente alcune cappelle, e infra l'altre quella
    di Santo Stefano, fatta dalla famiglia de' Pandolfini. Fu ultimamente
    Benedetto condotto in Inghilterra a' servigi del re, al quale fece molti
    lavori di marmo e di bronzo, e particolarmente la sua sepoltura:
    delle quali opere, per la liberalità di quel re, cavò da poter vivere il
15   rimanente della vita acconciamente; per che tornato a Firenze, dopo
    aver finito alcune piccole cose, le vertigini, che insino in Inghilterra
    gl'avevano cominciato a dar noia agl'occhi, et altri impedimenti cau-
    sati, come si disse, dallo star troppo intorno al fuoco a fondere i me-
    talli, o pure d[a] altre cagioni, gli levarono in poco tempo del tutto il
20   lume degl'occhi; onde restò di lavorare intorno all'anno 1550, e di
    vivere pochi anni dopo. Portò Benedetto con buona e cristiana pa-
    cienza quella cecità negl'ultimi anni della sua vita, ringraziando Dio
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Edizione Torrentiniana
    e continuando abbozzò un numero di figure tonde grandi quanto
    il vivo, che per le ruine delle guerre, e da' frati per il loro generale,
25   rimasero imperfette. Andò in Inghilterra, et infinito numero di cose di
    metallo fece a quel re, massimamente la sepoltura sua. Et a Fiorenza
    ritornato finì molte altre cose, avvegnaché piccole. Accadde poi che la-
    vorando ancora di metallo, il fuoco gli tolse il lume degli occhi, di ma-
    niera che né bagni né altre medicine non l'hanno mai potuto guarire;
30   onde vecchio e cieco, per lui l'opere finirono l'anno MDXL. Per il che di
    lui si legge questo epigramma:
    IUDICIO MIRO STATUAS HIC SCULPSIT ET ARTE
    TECUM ET COLLATUS IURE, LYSIPPE, FUIT.
    ASPERA SED FUMI NUBES QUAM FUSA DEDERUNT
35   AERA DIEM MISERIS ORBIBUS ERIPUIT.
    Egli è venuto a proposito lo avere conservato il frutto delle sue fati-
    che nella arte, perché ciò lo mantiene al presente in tanta quiete, che e'
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