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VINCENZIO DA SAN GIMIGNANO. |
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PITTORE. |
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Quanto obligo debbono avere gli scultori e ' pittori alla aria di Roma |
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et a quelle poche antiquità che la voracità del tempo e la ingordigia del |
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fuoco, malgrado loro, vi hanno lasciato! Con ciò sia che ella uno altro |
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spirito in corpo forma, et in uno altro gusto lo appetito converte; at- |
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tesoché infiniti si sgannano da una vana pazzia un tempo seguitata, i |
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quali nel vedere le mirabili fatiche di tanti antichi e moderni artefici |
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che v'hanno operato, i passati errori abbandonano, e seguitando |
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le vestigie di coloro che trovarono la buona via conducono le cose loro |
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a perfezzione di una bella maniera, et imitando quel buono che e' veg- |
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gono, sono cagione che quegli che vi stanno fanno il medesimo. Come |
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veggiamo che fece Vincenzio da San Gimignano pittore, il quale ne |
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lo accostarsi al grazioso Rafaello da Urbino, fu di quegli che lavorarono |
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nelle Logge papali; onde gli avvenne che piacendogli molto quella terri- |
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bilità del chiaro oscuro che lavoravano nelle facciate delle case Matu- |
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rino e Polidoro, si mise ancor egli in animo di seguir l'orme loro. Per |
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il che fece in Borgo, dirimpetto al palazzo di messer Giovan Batista |
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da l'Aquila, una facciata di terretta, nella quale in un fregio figurò |
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le nove Muse con Apollo in mez[z]o, e sopra vi condusse alcuni leoni, |