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Arezzo messer Gentile Urbinate, vescovo aretino, ritrovò i modi del co- |
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lore e rosso e nero de' vasi di terra che fino al tempo del re Porsenna |
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i vecchi Aretini lavorarono. Et egli, che industriosa persona era, fece |
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vasi grandi al torno d'altezza di un braccio e mez[z]o, i quali in casa |
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di esso si veggono ancora, da quella antiquità per conservazione ritenuti. |
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Dicono che cercando in un luogo de vasi dove pensavano che gli antiqui |
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lavorassero, Giorgio trovò in un campo di terra al Ponte alla Calcia- |
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rella, luogo così chiamato, sotto la terra tre braccia, tre archi delle forna- |
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ci antiche, et attorno cercando vi trovorono di quella mistura vasi rotti |
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infiniti, e degli interi quattro, i quali, venendo in Arezzo il magnifico |
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Lorenzo de' Medici, da Giorgio per introduzzione del vescovo gli ebbe |
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in dono: i quali prese, e furono cagione del principio della servitù che con |
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quella felicissima casa poi sempre tenne. Egli lavorò benissimo di rilie- |
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vo, come ne fanno fede in casa sua alcune teste di suo. |
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Ebbe cinque figliuoli maschi, i quali tutti fecero lo esercizio medesimo; |
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e tra gli altri artefici buoni furono Lazzaro e Bernardo, che giovinetto |
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morì a Roma, disegnatore e pittore di vasi con le figure e tenuto maestro |
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molto buono. E certo che se la morte non lo rapiva così tosto alla casa |
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nostra, per lo ingegno che destro e pronto si vide in lui, egli averebbe |