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non solo i venti pezzi grandissimi di libri da coro che egli |
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lasciò nel suo monasterio, che sono i più belli quanto allo scritto |
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e ' maggiori che siano forse in Italia, ma infiniti altri ancora che in |
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Roma et in Vinezia et iùmolti altri luoghi si ritruovano, e massima- |
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mente in S. Michele et in S. Matia di Murano, monasterio della sua |
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Relligione camaldolense. Per le quali opere meritò questo buon padre, |
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molti e molti anni poi che fu passato a miglior vita, non pure che don |
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Paulo Orlandini, monaco dottissimo nel medesimo monasterio, lo |
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celebrasse con molti versi latini, ma che ancora fusse, come è, la sua |
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man destra, con che scrisse i detti libri, in un tabernacolo serbata |
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con molta venerazione insieme con quella d'un altro monaco chia- |
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mato don Silvestro, il quale non meno eccellentemente - per quanto |
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portò la condizione di que' tempi - miniò i detti libri che gl'avesse |
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scritti don Iacopo. Et io che molte volte gli ho veduti, resto maravi- |
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gliato che fussero condotti con tanto disegno e con tanta diligenza |
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in que' tempi che tutte l'arti del disegno erano poco meno che perdu- |
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te, perciò che furono l'opere di questi monaci intorno agl'anni di |
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nostra salute 1350, e poco prima e poi, come in ciascuno di detti |
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libri si vede. Dicesi, et ancora alcuni vecchi se ne ricordano, che |
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quando papa Leone X venne a Firenze, egli volle vedere e molto ben |
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considerare i detti libri, ricordandosi avergli udito molto lodare al |
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magnifico Lorenzo de' Medici suo padre; e che poi che gli ebbe con |
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attenzione guardati et ammirati mentre stavano tutti aperti sopra le |
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prospere del coro, disse: «Se fussero secondo la Chiesa Romana e |
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non, come sono, secondo l'Ordine monastico e uso di Camaldoli, |
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ne vorremmo alcuni pezzi, dando giusta ricompensa ai monaci, per |
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S. Piero di Roma»: dove già n'erano, e forse ne sono, due altri di |
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mano de' medesimi monaci molto belli. Sono nel medesimo mona- |
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sterio degl'Angeli molti ricami antichi, lavorati con molto bella ma- |
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niera e con molto disegno dai padri antichi di quel luogo mentre |
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stavano in perpetua clausura col nome non di monaci ma di romiti, |
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senza uscir mai del monasterio, nella guisa che fanno le suore e mo- |
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nache de' tempi nostri; la quale clausura durò insino all'anno 1470. |
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Ma per tornare a don Lorenzo, insegnò costui a Francesco Fio- |
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rentino, il quale dopo la morte sua fece il tabernacolo che è in sul |