Volume 5

Edizione Giuntina
    Buonarruoti prima che volessi risolversi; onde avendo detto Mi-
    chelagnolo a Sua Santità che non s'impacciasse con intagli, perché,
    se bene aricchiscono l'opere, confondono le figure, là dove il lavoro
    di quadro, quando è fatto bene, è molto più bello che l'intaglio e
5   meglio accompagna le statue, perciò che le figure non amano altri
    intagli attorno, così ordinò Sua Santità che si facesse. Per che il
    Vasari non potendo dare che fare al Mosca in quell'opera, fu licen-
    ziato; e si finì senza intagli la sepoltura, che tornò molto meglio
    che con essi non arebbe fatto.
10   Tornato dunque Simone a Orvieto, fu dato ordine col suo disegno
    di fare nella crociera a sommo della chiesa due tabernacoli grandi di
    marmo, e certo con bella grazia e proporzione; in uno de' quali fece,
    in una nicchia, Raffaello Montelupo un Cristo ignudo di marmo
    con la croce in ispalla, e nell'altro fece il Moschino un S. Bastiano
15   similmente ignudo. Seguitandosi poi di far per la chiesa gl'Apostoli,
    il Moschino fece della medesima grandezza S. Piero e S. Paulo, che
    furono tenute ragionevoli statue. Intanto non si lasciando l'opera
    della detta cappella della Visitazione, fu condotta tanto inanzi, vi-
    vendo il Mosca, che non mancava a farvi se non due uccelli; et anco
20   questi non sarebbono mancati, ma messer Bastiano Gualtieri ve-
    scovo di Viterbo, come s'è detto, tenne occupato Simone in un or-
    namento di marmo di quattro pezzi, il quale finito mandò in Francia
    al cardinale di Loreno, che l'ebbe carissimo, essendo bello a ma-
    raviglia e tutto pieno di fogliami, e lavorato con tanta diligenza che
25   si crede questa essere stata delle migliore che mai facesse Simone.
    Il quale, non molto dopo che ebbe fatto questo, si morì, l'anno
    1554, d'anni 58, con danno non piccolo di quella chiesa d'Orvieto,
    nella quale fu onorevolmente sotterrato.
    Dopo, essendo Francesco Moschino dagl'Operai di quel mede-
30   simo Duomo eletto in luogo del padre, non se ne curando, lo lasciò a
    Raffaello Montelupo; e andato a Roma, finì a messer Ruberto Strozzi
    due molto graziose figure di marmo, cioè il Marte e la Venere che so-
    no nel cortile della sua casa in Banchi. Dopo, fatta una storia di figuri-
    ne piccole, quasi di tondo rilievo, nella quale è Diana che con le sue
35   Ninfe si bagna e converte Atteon in cervio, il quale è mangiato da'
    suoi proprii cani, se ne venne a Firenze e la diede al signor duca
    Cosimo, il quale molto disiderava di servire; onde Sua Ecc[ellenza]
    avendo accettata e molto commendata l'opera, non mancò al disi-
    derio del Moschino, come non ha mai mancato a chi ha voluto in
40   alcuna cosa virtuosamente operare. Per che, messolo nell'Opera del
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