Volume 5

Edizione Giuntina
    cessare e non patì che più avanti montasse, e privò il mondo di molta
    eccellenza d'arte e d'opere, delle quali, vivendo il Vinci, egli si sareb-
    be ornato. Avvenne in questo tempo, mentre che 'l Vinci all'altrui
    sepoltura era intento, non sapendo che la sua si preparava, che il
5   Duca ebbe a mandare per cose d'importanza Luca Martini a Genova,
    il quale, sì perché amava il Vinci e per averlo in compagnia, e sì
    ancora per dare a lui qualche diporto e sollazzo e fargli vedere
    Genova, andando lo menò seco. Dove, mentre che i negozii si trat-
    tavano dal Martini, per mezzo di lui messer Adamo Centurioni
10   dette al Vinci a fare una figura di San Giovanni Batista, della quale
    egli fece il modello. Ma tosto venutagli la febbre, gli fu, per rad-
    doppiare il male, insieme ancora tolto l'amico, forse per trovare via
    che 'l fato s'adempiesse nella vita del Vinci. Fu necessario a Luca,
    per lo 'nteresse del negozio a lui commesso, che egli andasse a tro-
15   vare il Duca a Firenze; laonde partendosi dall'infermo amico con
    molto dolore dell'uno e dell'altro, lo lasciò in casa l'abate Nero e
    strettamente a lui lo raccomandò, benché egli malvolentieri restasse
    in Genova. Ma il Vinci ogni dì sentendosi peggiorare, si risolvé a
    levarsi di Genova, e fatto venire da Pisa un suo creato chiamato Ti-
20   berio Cavalieri, si fece con l'aiuto di costui condurre a Livorno per
    acqua, e da Livorno a Pisa in ceste. Condotto in Pisa la sera a ven-
    tidue ore, essendo travagliato et afflitto dal cammino e dal mare e
    dalla febbre, la notte mai non posò e la seguente mattina in sul far
    del giorno passò all'altra vita, non avendo dell'età sua ancora passato
25   i ventitré anni.
    Dolse a tutti gli amici la morte del Vinci et a Luca Martini ecces-
    sivamente, e dolse a tutti gli altri, i quali s'erano permesso di vede-
    re dalla sua mano di quelle cose che rare volte si veggono; e mes-
    ser Benedetto Varchi, amicissimo alle sue virtù et a quelle di cia-
30   scheduno, gli fece poi per memoria delle sue lode questo sonetto:
    Come potrò da me, se tu non presti
    O forza o tregua al mio gran duolo interno,
    Soffrirlo in pace mai, Signor superno,
    Che fin qui nuova ognor pena mi desti?
35   Dunque de' miei più cari or quegli or questi
    Verde sen voli all'alto asilo eterno,
    Ed io canuto in questo basso inferno
    A pianger sempre e lamentarmi resti ?
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