Volume 5

Edizione Giuntina
    chiamava la Compagnia degl'Infiammati. Questi dunque, per non
    esser meno lodati che si fussino stati gl'Umidi, recitando una co-
    media di messer Giovanni Polastra, poeta aretino, guidata da lui
    medesimo, fecero far la prospettiva a Giovan Antonio, che si portò
5   sommamente bene; e così la comedia fu con molto onore di quella
    Compagnia e di tutta la città recitata. Né tacerò un bel capriccio
    di questo poeta, che fu veramente uomo di bellissimo ingegno. Men-
    tre che si durò a fare l'apparato di queste et altre feste, più volte si
    era fra i giovani dell'una e l'altra Compagnia, per diverse cagioni e
10   per la concorrenza, venuto alle mani e fattosi alcuna quistione; per
    che il Polastra, avendo menato la cosa secretamente affatto, ragunati
    che furono i popoli e i gentiluomini e le gentildonne dove si aveva la
    comedia a recitare, quattro di que' giovani, che altre volte si erano
    per la città affrontati, usciti con le spade nude e le cappe imbracciate,
15   cominciarono in sulla scena a gridare e fingere d'ammazzarsi, et il
    primo che si vidde di loro uscì con una tempia fintamente insangui-
    nata gridando: «Venite fuora, traditori». Al quale rumore levatosi
    tutto il popolo in piedi e cominciandosi a cacciar mano all'armi,
    i parenti de' giovani, che mostravano di tirarsi coltellate terribili,
20   correvano alla volta della scena, quando il primo che era uscito,
    voltosi agl'altri giovani, disse: «Fermate, signori; rimettete dentro
    le spade, che non ho male: et ancora che siamo in discordia e crediate
    che la comedia non si faccia, ella si farà, e così ferito come sono, vo'
    cominciare il prologo». E così dopo questa burla, alla quale rimasono
25   còlti tutti i spettatori e gli strioni medesimi, eccetto i quattro sopra-
    detti, fu cominciata la comedia, e tanto bene recitata, che l'anno poi
    1540, quando il signor duca Cosimo e la signora duchessa Leonora
    furono in Arezzo, bisognò che Giovann'Antonio, di nuovo facendo
    la prospettiva in sulla piazza del Vescovado, la facesse recitare a Loro
30   Eccellen[ze]; e sì come altra volta erano i recitatori di quella piaciuti,
    così tanto piacquero allora al signor Duca, che furono poi, il carnovale
    vegnente, chiamati a Fiorenza a recitare. In queste due prospettive
    adunque si portò il Lappoli molto bene e ne fu sommamente lodato.
    Dopo fece un ornamento a uso d'arco trionfale con istorie di color di
35   bronzo, che fu messo intorno all'altare della Madonna delle Chiave.
    Essendosi poi fermo Giovan Antonio in Arezzo con pro-
    posito, avendo moglie e figliuoli, di non andar più attorno, e vivendo
    d'entrate e degl'uffizii che in quella città godono i cittadini di quella,
    si stava senza molto lavorare. Non molto dopo queste cose, cercò
40   che gli fussero allogate due tavole che s'avevano a fare in Arezzo,
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